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NEL TEMPO DEGLI DEI 2.qxp_00 11/03/19 10:11 Pagina 22
FRANCESCO NICCOLINI
L’Odissea parte proprio da lì. Zeus, incalzato da Atena,
invia Hermes sull’isola di Ogigia: dia ordine a Calipso di non
trattenere quell’umano, che umano vuole rimanere.
Quando Hermes arriva, Calipso è in casa: fuoco acceso,
profumo di cedro e lei che tesse e canta. Ha l’aria di una
casalinga felice che lavora e cucina per il suo uomo,
mentre lui, Odisseo, non c’è: se ne sta a piangere sugli
scogli pensando a un’altra. Come Hermes entra, lei lo
riconosce e va in agitazione. Lui, furbo, la prende larga:
«sai Calipso, non avevo voglia di venire, il viaggio è stato
lungo, solo mare e gabbiani, neanche una città dove
inebriarmi del profumo dei sacrifici umani... ma come
potevo non obbedire a Zeus? E ho obbedito». Ecco qui.
Come ha dovuto obbedire lui, ora dovrai obbedire tu agli
ordini tassativi del capo: liberalo, lascialo partire.
Calipso la prende male: perché gli dèi sono gelosi se una
ninfa si unisce con un uomo? Perché vogliono portarglielo
via? Mentre loro lo schiantavano in mare, lei lo ha raccolto,
salvato, nutrito, rimesso in forze e amato alla follia. Ora
vuole solo offrirgli amore e l’immortalità: che male c’è?
Ma Hermes è impietoso: «Il destino di Ulisse è rivedere i
suoi cari e tornare», e – si sa – il Destino può più di
chiunque, Zeus compreso. Calipso deve arrendersi.
La ninfa raggiunge Ulisse sul solito scoglio. Gli dice: «Vai».
Lui le fa giurare che una volta partito non lo rovescerà in
mare provocando tempeste: non si fida più di nessuno e a
questo punto è difficile dargli torto. Lei sorride, gli carezza i
capelli, sottovoce gli sussurra: «Furfante». E giura.
Mangiano (lei ambrosia, lui cibo umano), e fanno l’amore:
non si sono mai amati con tanta disperazione e felicità
come quella notte.
Poi Ulisse costruisce la sua imbarcazione, lei fa alzare un
vento propizio e lui parte. Naviga per diciassette giorni
senza problemi, poi Poseidone decide di «ricacciarlo a
fondo nella sventura». Detto fatto. Tempesta. Uragano
categoria 5 su 5. Devono intervenire tre divinità per salvarlo:
Leucotea, Atena, e il dio dei fiumi.
Leucotea lo istruisce e gli dà un velo: «spogliati di tutto», gli
sussurra, «vestiti solo con il mio panno, abbandona la
zattera e nuota fino all’isola dei Feaci, dove è destino che tu
arrivi. E quando arrivi, getta in mare il mio velo. Resta
nudo».
Due giorni Ulisse resta in balia di Poseidone e dell’uragano,
poi Atena blocca la tempesta e alza un vento che lo spinge
esatto esatto dai Feaci. Arrivato alla foce di un fiume,
sfinito, prova risalire la corrente e prega il dio del fiume che
lo aiuti e quello blocca la corrente, lascia che il naufrago
tocchi riva. Ce l’ha fatta. Lì, Ulisse si libera del velo della
dea. E resta nudo. Ferito. Sporco. Salso.
Ma perché Ulisse deve gettare quel velo? Perché deve
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