Page 25 - NEL TEMPO DEGLI DEI - PICCOLO TEATRO DI MILANO
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NEL TEMPO DEGLI DEI 2.qxp_00  11/03/19  10:11  Pagina 25



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                                     che scarica i mitragliatori su cento studenti che hanno la
                                     colpa di avere perso le buone maniere.
                                     Noi di solito ci ricordiamo della gara dell’arco e che subito
                                     dopo lui libera il palazzo dai Pretendenti, ma la verità è
                                     molto più cruda: insieme a Telemaco, protetto da Atena e
                                     Zeus, sgozza centootto giovani uomini e impicca dodici
                                     ancelle puttane. Solo a quel punto, a fatica, riesce a farsi
                                     riconoscere e accogliere da Penelope.
                                     Ma è questo Ulisse? Un assassino seriale che ha perso il
                                     controllo di sé? Cos’ha di eroico?
                                     Questa è la risposta più dura. Ce la offre Simone Weil con
                                     L’Iliade o il poema della forza. Simone Weil ci aiuta a capire
                                     perché non è possibile a Ulisse fermarsi prima di fare la
                                     strage ma solo dopo.
                                     Weil parla della forza adoperata dagli uomini in Omero, la
                                     forza che sottomette, la forza davanti alla quale la carne
                                     degli uomini si ritrae. La forza è ciò che fa di chiunque le è
                                     sottomesso una cosa. Quando è esercitata fino in fondo,
                                     fa dell’uomo una “cosa” nel senso letterale: un cadavere,
                                     cioè una cosa trascinata dietro a un carro nella polvere.
                                     Oppure sbattuta contro uno scoglio o presa a morsi.
                                     Ma la forza che uccide è solo una forma grossolana della
                                     forza. Ben più varia e sorprendente è l’altra forza, quella
                                     che non uccide, o meglio, quella che non uccide ancora: è
                                     un potere che trasforma l’uomo senza ucciderlo, lo
                                     congela, lo trasforma in pietra, gli toglie ogni forma di
                                     umanità. È quello che accade a Ulisse quando è davanti ai
                                     pretendenti e ha l’arco in mano.
                                     La forza schiaccia spietatamente, inebria chiunque si illuda
                                     di possederla. Perché nessuno la possiede veramente.
                                     Tutti ne sono vittima. È la parte più feroce del fato, quella
                                     che trasforma anche i vincitori in vinti.
                                     Tutti gli eroi sono destinati, nascendo, a subire la violenza e
                                     a farla: dove il pensiero non ha spazio, non ne hanno
                                     neanche la giustizia né la prudenza. Gli uomini armati
                                     agiscono follemente: solo il pensiero salva. E lo sappiamo,
                                     il pensiero è la forza di Ulisse, quasi sempre.
                                     Chiunque fa affidamento sulla forza e non pone limite né
                                     freno, è destinato prima a travolgere poi a essere travolto,
                                     in una ruota senza fine e senza inizio. Perché la violenza
                                     schiaccia quelli che tocca. Solo un uso moderato della
                                     forza permetterebbe di sfuggire all’ingranaggio, ma
                                     richiederebbe una virtù più che umana: ha a che fare con
                                     ciò che chiamiamo la zona grigia.
                                     Perché tra gli umani le parole ragionevoli cascano nel
                                     vuoto. Perché all’occorrenza si trova sempre un dio a
                                     consigliare l’insensatezza.
                                     Perché a forza di essere immersi nel sangue e nella
                                     sventura, l’idea stessa che si possa sfuggire alla regola di
                                     guerra – uccidere e morire – sparisce dallo spirito di ogni
                                     sopravvissuto.


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