Page 14 - MANGIAFOCO
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genera una scintilla di conoscenza emotiva, grazie alla
quale possiamo uscire dal binario del controllo per
entrare in una stanza dei giochi dove si fa molto sul
serio, con molto rigore, allestita dalle forti visioni di
Roberto. Per me, che sono abituata a scrivere, dirigere e
interpretare spettacoli, è una gioia sentire il suo sguardo
affettuoso e implacabile, abbandonarmi al suo mondo,
rispondere alla richiesta di partecipare alla creazione,
godere della limpida complicità dei miei compagni di
strada. Mi vedo con altri occhi, fragile, in bilico, eppure
lontana dai fantasmi dal volto nero che tolgono forza e
dignità. Siamo tutti Mangiafoco e Pinocchio, Lucignolo, i
gendarmi e la fata, gli asinelli, i burattini e i burattinai,
altre essenze, noi stessi a diverse età, siamo narratori
della nostra storia. Questo è possibile grazie al clima di
fiducia e libertà che Roberto sa creare, esorcizzando la
paura con il gioco e allontanando con un soffio ciò che
sa di inautentico, mettendo insieme artisti diversi, ma
fratelli. Con l’aiuto di tutto il teatro, con l’apporto di
maestranze e tecnici, dei creatori di luce e musica,
cerchiamo ciò che non è “dicibile”, l’orlo dell’abisso: ci
avviciniamo al disegno di un personaggio, di una scena,
di una struttura per poi abbandonarlo e mostrarci indifesi
e nudi. Saltiamo nel vuoto tenendoci l’un l’altro,
sperando di respirare all’unisono con gli sconosciuti in
platea e dentro di noi. Ognuno degli elementi con cui
abbiamo interagito, di prova in prova, può essere
spostato, ripensato, ridefinito: resistiamo ad imprigionare
le cose in un solo significato, alla tentazione di corredare
un atto che rimane un mistero. Ragione e volontà sono
preziose, ma solo se non soffocano il folletto, lo spirito
bambino: così torno indietro nel tempo e ritrovo le
ragioni che mi hanno fatto innamorare del teatro. Mi pare
che l’atto artistico – anche nei suoi fallimenti, che, come
nella scienza, sono preziosi, come e forse più, dei
successi – abbia in sé un potere di risveglio e di scossa
delle menti, delle anime e delle coscienze che va
ritrovato e preservato ogni volta.
Questo nostro interrogarci intorno ai meccanismi del
teatro e delle arti in genere forse può disorientare, ma,
almeno per me, corrisponde al desiderio di ritrovare un
incontro con il pubblico disarmato e naturale, allentando
il panico che spinge a mettere cartelli segnaletici ad ogni
passo per timore di perdersi. Questo consapevole
smarrimento mi fa respirare una vitalità selvatica che mi
induce ad abbattere barriere preconcette e ad
abbandonare certezze acquisite; può diventare antidoto
verso una nuova forma di conformismo che induce a
pigrizia e cecità. A volte mi sento parte di un popolo di
consumatori compulsivi su un treno lanciato a folle
velocità. Vorrei fermarlo, ma come? E chiudo gli occhi.
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