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IL TEATRO CHE TENTA L’IMMAGINAZIONE

                               di là della didattica del crescere, del monello che diventa
                               bambino… dove le stesse monellerie sono tappe di
                               quella crescita. Parliamo di trasformazione, di continua
                               metamorfosi, che è quello che accade a noi, attori e
                               individui.
                               E il ghiaccio?
                               Anche il ghiaccio brucia… Ogni attore ha un proprio
                               blocco di ghiaccio, è natura in mutamento. Se
                               rappresenti la figura di un altro “se stesso”,
                               simbolicamente congelata, non so e non voglio dire:
                               aggiungere parole è diminuirne la potenza, il potenziale
                               che possiede a tutti i livelli, narrativo, concettuale, in
                               astrazione. È l’anima? Forse. Forse quel che ne resta.
                               Di sicuro è un elemento mutante e metamorfico, come il
                               fuoco. È mutevole, perché arriva sulla scena in una
                               condizione e l’abbandona dopo aver subito un
                               cambiamento: come gli attori.
                               È vero che nei tuoi spettacoli chiedi al pubblico di
                               far lavorare costantemente la propria
                               immaginazione?
                               Dividerei gli spettacoli in due categorie: quelli che
                               producono immagini e quelli che creano immaginazione.
                               Da spettatore, preferisco trovarmi di fronte al secondo
                               tipo. A maggior ragione, nella firma di uno spettacolo di
                               cui mi prendo responsabilità, preferisco tentare
                               immaginazione, tentarla, sì, come tentativo e come
                               tentazione.
                               I tuoi spettatori devono muoversi anche stando
                               seduti, andare in cerca dei riferimenti letterari…
                               Le citazioni presenti nel copione possiedono tutte una
                               rivendicazione drammaturgica necessaria, se non per
                               autore, per contenuto: dal Paese dei balocchi, naturale
                               apertura per entrare in argomento, alla Passione di
                               Cristo evocata da Marco Sgrosso nel proprio racconto,
                               imprescindibile riferimento al teatro medievale, alla
                               schiera di riferimenti prodotta da Marco Manchisi, un
                               excursus nella nostra tradizione, da Eduardo a Totò;
                               Marco Vergani cita la scimmia del Woyzeck – e cos’è, se
                               non una figura di Pinocchio “evoluto”? – quindi Sofocle
                               delle Trachinie, omaggio al teatro antico, mentre Savino
                               Paparella recita un brano dall’Enrico V di Shakespeare
                               (non Enrico IV, che troppo platealmente avrebbe alluso a
                               Pirandello). In questo dramma storico, Shakespeare,
                               apertamente, chiama gli spettatori a uno sforzo di
                               immaginazione, li ammette allo spettacolo a prezzo che
                               stiano al gioco di ricostruire nella propria mente le
                               schiere dei combattenti e il campo di battaglia; Stella
                               Piccioni ci parla di Leopardi e della letteratura italiana

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