Page 7 - MANGIAFOCO
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IL TEATRO CHE TENTA
L’IMMAGINAZIONE
conversazione con Roberto Latini
Perché hai scelto Collodi e tre capitoli del suo
Pinocchio per la tua nuova produzione al Piccolo?
Collodi ci riporta all’occasione rappresentata, nella
scorsa stagione, da Il teatro comico, a quella
consapevolezza e volontà di cambiamento incarnata
da Goldoni nel 1750.
La compagnia con cui viviamo questa nuova
esperienza è la stessa di Teatro comico perché analoga
è la disponibilità che chiedo – e che in loro trovo – a
vivere un’evoluzione, a tentare il teatro oltre le
possibilità fisiche dello spettacolo. Con Goldoni,
centosettant’anni prima di Pirandello, incontravamo
una compagnia che stava organizzando delle prove e si
trovava nella condizione scenica di mostrarsi al
pubblico prima e durante lo spettacolo. Mangiafoco,
con il suo Gran Teatrino dei Burattini così come è
raccontato in alcuni capitoli del Pinocchio di Collodi, mi
è sembrato l’occasione per insistere su questa
consapevolezza, su questa coscienza, su questo
tempo in cui l’identità dell’attore, in qualche modo, si
intreccia con quella di una platea consapevole, mai
complice, chiamata in causa al di là dell’essere
testimone oculare, al di là dell’essere semplicemente
intrattenuta, in quella relazione di scambio su cui si
fonda la natura stessa del fatto teatrale.
È come se, da qualche parte, si aggirasse ancora
Orazio, il capocomico di Teatro comico, che forse è in
qualche modo Mangiafoco, ed ecco che arriva in scena
Eleonora, o il poeta...
Nel Pinocchio di Collodi, quando il protagonista si
presenta al Gran Teatrino dei Burattini e lo spettacolo si
sospende, gli spettatori reclamano “la commedia! la
commedia!”. Credo vogliano dire altro: penso che il
pubblico, in quel momento, stia rivendicando la propria
dimensione, la propria identità che lo spettacolo
interrotto finisce fatalmente per sospendere.
Gli spettatori reclamano allo spettacolo un rinnovarsi
nel patto teatrale.
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