Page 13 - MANGIAFOCO
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L’ATTORE E IL SUO FUOCO
Cogliendo l’occasione offerta dalla richiesta di Roberto Latini
agli attori, ossia di raccontarsi in scena e di proporre una
propria, personale visione degli elementi e delle molte anime
che serpeggiano in palcoscenico – fuoco, ghiaccio,
Mangiafoco, Pinocchio, essere burattino, muovere i fili o
affidarsi... – abbiamo chiesto ai sei interpreti di affidarci le
loro riflessioni sullo spettacolo.
Sono parole raccolte nel corso delle prove, quando
Mangiafoco stava nascendo e andava maturando, giorno
dopo giorno.
Oggi, domani, fra una settimana, lo spettacolo – e gli attori
con esso – sarà nuovamente altro da quanto fissato in
queste righe...
Ma è l’eterna lotta – e complicità! – tra la rassicurante
certezza della parola scritta e il meraviglioso effimero del
teatro.
Disarmati: il teatro come forma di conoscenza
emotiva
di Elena Bucci
Vi sono parole mito che evocano incubi antichi e
contemporanei e non solo degli artisti: Mangiafoco
potrebbe essere una di quelle parole stando a significare
“quel che divora l’arte – e la vita –, le domina, le
costringe e impedisce loro di svilupparsi”. Eppure anche
Mangiafoco ha creato un suo teatrino, ma come, per
chi? Ed è proprio Pinocchio a interrompere la recita. E
allora? Si rinnovano le domande sulla natura del teatro e
dell’arte e la loro funzione, la loro relazione con il potere
e con la vita. Anche la storia dell’italiano burattino che
non vuole morire, ma che è felice di trasformarsi in
bambino mortale, pone quesiti irrisolvibili e perciò tanto
più adatti a nutrire l’immaginazione auspicata da
Roberto. Le risposte arrivano in forma di azioni,
conflagrazioni tra le diverse nature degli attori, ritmi fatti
di consonanze e sospensioni, vicinanze e rotture.
Cerchiamo l’attimo prima della caduta, il rischio che
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