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L’ATTORE E IL SUO FUOCO

                               la preziosa esperienza maturata in molti anni di autonomia
                               creativa. Tutto è partito dalla sua sollecitazione a “giocare”
                               con la nostra biografia teatrale: quando abbiamo iniziato a
                               provare, mi chiedevo perché mai dovessi presentarmi agli
                               spettatori parlando di me e provavo una punta di imbarazzo
                               per due motivi: in primo luogo, perché esiste un privato di
                               uomo e attore che non sempre ho voglia di mostrare; e poi
                               mi domandavo che cosa potesse esserci di interessante nel
                               come mi sono formato, che cosa ho fatto, quale percorso
                               ho avuto. Successivamente, ascoltando le toccanti
                               “presentazioni” dei miei compagni d’avventura, mi si è
                               chiarita la finalità di questo gioco e la sua magia di rimandi,
                               citazioni e ricordi, che portano ciascuno di noi a ripensarsi, a
                               riflettere su di sé, a trovare un senso più profondo e
                               consapevole di quello che si sta facendo e della scelta di
                               essere creature del teatro. Nulla è mai casuale, tutto
                               risponde a una logica interna, anche se nascosta. Penso ad
                               esempio alle bellissime parole di Čechov che recito qui, alla
                               loro atmosfera crepuscolare e dolce-amara, al loro sapore
                               da cartolina color seppia un po’ melò, che mi richiama alla
                               memoria artisti di generazioni precedenti che ho
                               ardentemente ammirato e che riverbera sui costumi
                               dell’ultima scena, fatti di carta, fragili ed effimeri come il
                               teatro stesso, come l’arco della vita umana. Allora, più che
                               mai, il Teatrino delle Meraviglie di Mangiafoco diventa un
                               tuffo nel passato per fare luce sul futuro, nel mio bambino
                               che ritorna, nel percorso di una vita spesa in teatro e per il
                               teatro. E penso che è straordinario vivere questa esperienza
                               in una compagnia affiatata come la nostra, dove si è
                               stabilita la stessa fratellanza che lega Pinocchio ad
                               Arlecchino e in cui siamo tutti burattini di quel teatrino e ci
                               sosteniamo l’un l’altro, tutti in bilico verso la morte ma così
                               pieni di vita. E poi c’è il ghiaccio, che è gelo e mi fa pensare
                               alla fine, perché per la mia natura passionale ha in sé un
                               fascino pericoloso. E al tempo stesso è nitore ed eleganza,
                               è la perfezione che si sublima nell’immobilità, il divenire del
                               tempo che esiste per dissolversi, nato dall’acqua ridiventa
                               acqua e scompare, ma può riformarsi ancora e tornare a
                               quel nitore. È punto di arrivo e insieme scintilla per una
                               nuova partenza…


                               Lavorare con l’invisibile
                               di Marco Vergani

                               Mentre provavamo lo spettacolo, la domanda che mi sono
                               posto a più riprese è stata: «cosa significa lavorare con
                               l’invisibile? Chi è che ha più talento nel fare questo gioco?».
                               La risposta è semplice: i bambini. I migliori Mangiafoco
                               sarebbero proprio loro, i bambini, che non hanno bisogno di
                               una struttura drammaturgica precisa o di qualcuno che li

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