Page 51 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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LA MUSICA DI ARLECCHINO
                               storia, in quanto uomini e in quanto artisti depositari di
                               particolari tecniche rappresentative; con espediente
                               metateatrale gli attori, anche quando non sono
                               direttamente coinvolti nello spettacolo, spesso stanno in
                               scena, ai margini della piccola pedana su cui si recita;
                               ripassano le battute, commentano, realizzano gli effetti
                               rumoristici. E tutto ciò va inevitabilmente a riverberarsi
                               sulla partitura predisposta da Carpi: in accordo con la
                               nuova lettura registica, ora gli inserti musicali non
                               possono che essere dal vivo, suonati nella finzione
                               scenica dai membri della piccola compagnia di Comici
                               dell’Arte che rappresenta lo spettacolo in
                               un’immaginaria piazza di paese. Alla strumentazione
                               raffinata di una danza dix-huitième si sostituisce la
                               tavolozza sonora rozza e popolare di una bandina di
                               guitti; fin dall’Introduzione con cui prende avvio la
                               messinscena, l’organico si riduce quindi all’essenziale:
                               una o due trombe, una chitarra e una grancassa. Il
                               tessuto compositivo dell’intero brano viene semplificato
                               evidenziando un radicale ripensamento; si ritrova, sì, lo
                               stesso profilo melodico dell’Introduzione composta per
                               la precedente edizione dello spettacolo, ma esso,
                               all’interno del nuovo assetto musicale, risulta del tutto
                               trasfigurato: il passo sospeso di un’elegante gavotta è
                               riplasmato in una marcetta dal sapore circense e dal
                               marcato cadenzare ritmico, con i piatti e la grancassa a
                               scandire gli accenti vigorosi su cui ancora oggi
                               s’impernia il gioioso balletto degli attori che si
                               presentano al pubblico prima di dare inizio alla
                               rappresentazione. Vero e proprio contrassegno sonoro
                               dello spettacolo, l’Introduzione – nella sua nuova
                               struttura compositiva, nel suo organico e nelle sue
                               modalità esecutive – prelude così alla lettura del testo
                               goldoniano proposto dalla messinscena, ne guida lo
                               spettatore alla giusta fruizione. Nell’edizione all’aperto
                               del 1963, si sarebbero aggiunti infine degli squilli di
                               trombe, inseriti prima dell’attacco vero e proprio
                               dell’Introduzione: gli stessi che si odono tutt’oggi, a mo’
                               di richiamo per il pubblico, a intensificare con un
                               inconfondibile segnale sonoro la sensazione di realtà.

                               Le canzoni popolari
                               Le canzoni in dialetto veneziano che, insieme
                               all’Introduzione, subito identificano “l’Arlecchino del
                               Piccolo Teatro”, vennero pure introdotte con il nuovo
                               impianto registico ideato da Strehler per l’Edizione del
                               1956. Si inscena la pièce di Goldoni e, nello stesso
                               tempo, si assiste al vivere di una compagnia di Comici
                               dell’Arte, affaccendata nel suo peculiare modo di fare
                               teatro: ecco dunque che, «mentre i macchinisti
                               spostano le ribalte che debbono dare l’illusione del

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