Page 46 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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EZIO FRIGERIO
Théâtre de l’Odéon e lì, teatralmente, fra queste sacre
mura, trovò la sua inevitabile fine.
L’edizione dell’Addio
Ma chi la volle chiamare così? Eppure fu proprio Giorgio
Strehler che scrisse la fatale profezia: «Questo è il mio
ultimo Arlecchino». E fu a Milano, in quelle serate
magiche avvolte di mistero e di tristezza, in cui Strehler
viveva, tra vecchi giocattoli e teatrini, le sue fantasie che
mi disse: «Ezio, togli tutto. Voglio solo un fondale bianco,
due paraventi e alcune candele». E naturalmente avvenne
il passaggio da queste parole al palcoscenico e non fu
così semplice. La scenografia si completò con uno strano
sipario semitrasparente che scendeva come una vela
(ancora una volta il mare) a chiudere il candido
La scena realizzata da Frigerio
per Arlecchino all’Odéon di Parigi boccascena e un vero palcoscenico, e due stupendi
nel 1977. paraventi dipinti dalla mano divina di Leonardo Ricchelli,
In alto, Ezio Frigerio, Scena con inimitabile realizzatore di quasi tutti i miei spettacoli. Poi ci
fondo trasparente e silhouette di
Arlecchino, schizzo; fu la storia delle candele. Una sera, a Parigi,
1987, edizione detta “dell’Addio”. improvvisamente mancò la luce. I proiettori si spensero,
ma rimasero accese alcune candele che facevano parte
del gioco teatrale. Quelle candele divennero la chiave un
poco divinatoria dell’ultimo Arlecchino e
accompagnarono gli spettacoli di Strehler fino a quando,
in una tragica notte di Natale, ci lasciò improvvisamente
per sempre. Così finisce la storia dell’Arlecchino, ma
finisce anche una parte fondamentale della storia del
teatro europeo, finisce anche l’atmosfera magica che
aleggiava intorno al Maestro, o meglio a Giorgio,
atmosfera che ho avuto la fortuna di godere intimamente
da inseparabile amico.
L’edizione del dopo
Qualcuno volle perpetuare questo indimenticabile
spettacolo e nacque così l’edizione che voglio chiamare
“L’Arlecchino del dopo”. Ho cercato, invano, di ricalcare
una somma di vecchie esperienze della mia vita con il
grande regista. Ecco riapparire i muri della Villeggiatura di
Vienna e di Parigi, ecco riapparire il tendalino che ripara
attori e pubblico dal sole, ecco soprattutto il piccolo
palcoscenico dei comici. C’è in più l’atmosfera di un
meraviglioso giardino, chiuso da un grande cancello,
ricordo delle Nozze di Figaro; scompare definitivamente il
mare, come se, involontariamente, avessi voluto
cancellarne la presenza troppo carica di ricordi e di affetti.
Questo “Arlecchino del dopo” gira ancora, rinverdito da
nuovi giovani attori che sostituiscono con il loro impeto
l’immortale teatralità dei vecchi Balanzoni, Pantaloni e
Brighella (Gianfranco Mauri, mio amico d’infanzia,
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