Page 44 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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EZIO FRIGERIO
       A destra, bozzetti di Ezio Frigerio  un’allegra serata di teatro. Povero spettacolo pagato
       che raffigurano rispettivamente  probabilmente con qualche pesce, del pane e
       l’esterno e l’interno della locanda di
       Brighella, disegnati per la versione  sicuramente con una bottiglia di buon vino. Ma quanta
       del 1972/73.            gioia! Questa la fantasia. Strehler mi spiegò che non si
                               poteva fare il mare in scena su un semplice telo dipinto,
                               ma si poteva fare con le luci, con i suoni, con i rumori,
                               un’idea abbastanza chiara di quella vastità d’acqua. Così,
                               davanti al mare dipinto, apparvero il teatrino, le ceste
                               degli attrezzi e, sullo sfondo (e qui da un dubbio espresso
                               dal Maestro sulla mancanza di elementi che
                               accennassero al fatto che la storia del teatro dell’arte trae
                               le sue radici da una cultura antica che risale alla civiltà
                               romana), eressi, su quella finta sabbia marina, un finto e
                               improbabile immaginario muro fatto di memorie
                               architettoniche e di segni quasi indecifrabili. Gli attori, o
                               meglio “i comici”, probabilmente non sapevano leggervi
                               niente di più che un comodo riparo dalla brezza marina.
                               Copriva la scena un tendalino che ci veniva direttamente
                               da un disegno di Marco Marcola. Ma questa storia, come
                               dico, non è scritta, eppure pare che tutto il mondo, grazie
                               a quello che Giorgio aveva saputo infondere alla mia
                               piccola scena con luci e abili accorgimenti, sapesse
                               viverne l’intensa poesia.

                               Un avvenimento
                               New York 1960, stupefacente novità! Ferruccio Soleri, per
                               la prima volta, apparve improvvisamente protagonista nel
                               ruolo di Arlecchino e fu un enorme successo. Un giovane
                               trentenne sostituì Marcello Moretti in quel ruolo che aveva
                               fatto di lui un grande attore conosciuto nel mondo.
                               Certamente nacque tra i colleghi una profonda diffidenza,
                               vedevano questo ragazzo toscano, sportivo, acrobata,
                               saltimbanco in un ruolo oramai fissato da anni di comune
                               esperienza. (Perché toscano?). In realtà, Marcello
                               appariva stanco. Forse stanco perché l’ombra della
                               morte già velava gli ultimi mesi di quello che molti
                               definirono “Il grande Arlecchino”. Da quel giorno i due
                               personaggi si alternarono per qualche tempo fino quando
                               Marcello nel 1961 lasciò definitivamente il suo ruolo e
                               gettò tutti noi nello sconforto. “Evviva! È morto
                               Arlecchino, viva Arlecchino!” Ed era proprio quel giovane
                               al quale Moretti, in un triste teatrino di provincia, aveva
                               insegnato tutti i trucchi, tutte le piroette del ruolo e,
                               diciamolo pure, a parlare perfettamente veneziano.
                               Perché un Arlecchino toscano?
                               Strehler, con gli anni, aveva pensato ad un nuovo
                               personaggio, più vicino alla tradizione degli Zanni, che
                               parlavano sì venesian ma erano di origine bergamasca,
                               obbligati al ruolo di servi da anni di dominio veneto e che

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