Page 45 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI: STORIA DI UN AMORE
certo covavano nel cuore antichi rancori. Un fiorentino,
dunque, che parlava correttamente veneziano, come
certamente succedeva a quei tempi in cui attori girovaghi
si esibivano in più ruoli nel teatro dell’arte, ma che teneva
con sé del fiorentino il cinismo, la feroce allegria e quella
certa cattiveria che divenne il segno del nuovo
Arlecchino.
Arlecchino a Parigi
Gli anni passano, gli attori si alternano, alcuni
scompaiono, altri celano le rughe sotto il trucco e, con
quel loro modo baldanzoso di agitarsi sul palcoscenico,
non arrestano l’inevitabile correre del tempo. Voglio
citarne qualcuno fra quelli che mi furono amici: Antonio
Battistella Pantalone, Franco Parenti Brighella, Enzo
Tarascio Dottore, Valentina Fortunato Beatrice ma vorrei
citarli tutti, troppi perché in queste poche righe possa
farlo, ai quali testimonio grande affetto e infinità amicizia.
Eravamo a Parigi. Il cielo era grigio e fuori dal teatro
pullulava la vita dell’immensa città. Tutti un po’ infreddoliti,
tutti un poco invecchiati e ci sembrava impossibile
cancellare quel velo di malinconia che si era esteso su
tutto lo spettacolo malgrado il sole sfolgorante evocato in
scena da proiettori e da giochi di teatro. Via il mare,
dunque, via quel piccolo palcoscenico sulla spiaggia, ma
che storia raccontare?
Ci capitò nelle mani un’antica stampa rappresentante un
vecchio oggetto di teatro, una cartapesta che simulava
realisticamente un cavallo-sirena dalla chioma dorata e
dalle squame luccicanti. Questo bizzarramente fu l’inizio
di una nuova scenografia. Presentai questa immagine a
Giorgio che ne fu affascinato e da lì, da questo bizzarro
cavallo, nacque la recita dei comici, ospiti in locali
abbandonati di un vecchio palazzo, dove il cavallo
campeggiava, certamente erede di altri spettacoli. Si
trattava del castello dei duchi di Guermantes (tanto per
ricordare Proust). Il signor duca aveva ceduto ai comici
stanze abitate dalla servitù dove si faceva il bucato, si
stendevano i panni e si ospitava qualche viandante. Ed è
proprio lì che i comici improvvisarono il loro teatro.
Possiamo immaginare che il pubblico quella sera fu di
cameriere, di fantesche e di capricciosi enfants, ma forse
proprio quella sera la duchessa avrebbe assistito a
questo spettacolo di strani italiani e forse… il giorno dopo
se ne sarebbe sussurrato a corte. Nuovi, bellissimi,
smaglianti nella loro teatrale povertà i costumi di Franca
Squarciapino, che debuttava accanto a me e che
conserverà per sempre il suo ruolo di costumista.
Questa è l’edizione parigina che nacque in quel magnifico
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