Page 39 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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ARLECCHINO, LA MIA VITA
di Ferruccio Soleri
Il mio incontro con il personaggio di Arlecchino è
avvenuto quasi per caso, mentre studiavo da attore
all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, con La figlia
ubbidiente di Goldoni, saggio di un allora allievo regista,
Giacomo Colli. Ero preoccupato: nato in Toscana non
avevo mai recitato in veneziano. «Non avere paura – mi
ha detto il mio maestro Orazio Costa – verrà Marcello
Moretti, l’Arlecchino di Strehler a metterti a posto».
Ma Moretti era sempre occupato con Strehler; venne
solo alla prova generale e non mi diede alcun aiuto reale.
Evidentemente, però, qualcosa in me l’aveva colpito se,
quando si trattò di pensare a un sostituto, scelse proprio
me. I miei rapporti con il Piccolo Teatro cominciarono
l’anno dopo, quando frequentavo il terzo corso. Orazio
Costa, che doveva mettere in scena al Piccolo La favola
del figlio cambiato di Pirandello, chiese alla direzione della
scuola di potermi avere con sé. Venni presentato a
Strehler che mi disse: «Ah, Soleri, l’Arlecchino
dell’Accademia»; Moretti doveva avergli parlato di me.
Dopo il diploma, fui chiamato nel 1959 da Strehler per il
ruolo del camerierino in Arlecchino. Recitando in quel
ruolo, praticamente una comparsata, stavo in quinta a
osservare Moretti. Vedevo la sua abilità anche se non
avevo la furbizia di capire le cose. Però assimilavo,
magari senza accorgermene. Poi venne la tournée
americana di questo spettacolo dove fui il sostituto di
Moretti. Ricordo ancora la mia prima recita a New York,
in un giorno feriale. Venne annunciato al microfono che,
in quella replica, Moretti era sostituito da Ferruccio Soleri.
Il teatro aveva duemila posti: da dietro il sipario dove
stavamo già tutti pronti con il braccio alzato nella
Ferruccio Soleri al trucco, foto Luigi caratteristica posizione del balletto, sentii duemila
Ciminaghi. mormorii di disappunto. Il braccio mi cadde giù, mi
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