Page 34 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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GIORGIO STREHLER
       «Dirò con ingenuità, che sebben  Carnevale successiva. Non si sapeva più cosa fare e
       non ho trascurata la lettura de’  allora Goldoni scrisse un piccolo sonetto e lo diede alla
       più venerabili, e celebri autori, […]
       contuttociò i due libri su’ quali ho  Medebach perché lo leggesse al pubblico. La Medebach
       più meditato, e di cui non mi  prese il foglio e lesse: «E il prossimo anno il nostro poeta
       pentirò mai d’essermi servito,  ve darà sedici commedie tutte nove, scritte l’un dopo
       furono il Mondo, e ‘l Teatro.   l’altra», e mentre leggeva probabilmente era presa dal
       Il primo mi mostra tanti, e poi
       tanti vari caratteri di persone,   terrore. «Ma chi te l’ha fatto fare, ma ci hai messo anche i
       me li dipinge così al naturale,   titoli, come facevi a mettere i titoli?». Goldoni confessò
       che paion fatti apposta per  con calma: «Io scrissi i titoli di alcune commedie perché
       somministrarmi abbondantissimi  le avevo già in mente, sugli altri titoli poi scriverò le
       argomenti di graziose,
       ed istruttive commedie […].   commedie». E insomma disse che avrebbe dato l’anno
       Il secondo poi, il libro cioè del  successivo sedici commedie in tre mesi. Voi capite che
       Teatro, mentre io lo vo  sedici commedie richiedono uno sforzo enorme. Goldoni
       maneggiando, mi fa conoscere  fece le sedici commedie, sedici spettacoli. Nell’arte,
       con quali colori si debban  il messaggio, la comunicazione, il senso dell’opera e il
       rappresentar sulle scene i
       caratteri, le passioni, gli  suo godimento sono in un rapporto strettamente
       avvenimenti, che nel libro del  dialettico. Senza questo rapporto, non esiste arte.
       Mondo si leggono; come si  La mancata comprensione di questo rapporto ha creato
       debba ombreggiarli per dar loro  un equivoco sempre più penalizzante per l’opera di Carlo
       un maggiore rilievo, e quali sien
       quelle tinte, che più li rendon grati  Goldoni. L’equivoco, per esempio, del moralismo, della
       agli occhi dilicati de’ spettatori».  piacevolezza sempre sorridente, del gioco comico
       (Dalla Prefazione a Le Commedie  musicale e di tutta la sua teatralità. Queste sono posizioni
       del Dottore Carlo Goldoni  errate, se si pensa che nella dedica alla Donna di
       Avvocato veneto, edizione
       Bettinelli, 1750)       governo si dice: «Il vero non si può nascondere», e ne
                               I rusteghi: «Io soglio dir sempre la verità». Non ho mai
                               capito perché non si sia voluto, ed in parte ancora non si
                               voglia, accettare il vero significato di queste affermazioni,
                               che riguarda l’unica possibilità e l’unica onestà possibile
                               per l’artista, cioè, “la sincerità”. Che cos’è l’onestà
                               dell’artista? La sincerità. Capire il reale, innalzarlo a fatto
                               d’arte, per divertire, cioè per far amare, con sincerità,
                               senza artifici, senza ricorrere ai vari meravigliosi, ma
                               cercando la semplicità, la naturalezza del calore, della
                               partecipazione affettuosa, del destino degli altri, che è il
                               carattere fondamentale del lato creativo. E qual è dunque
                               la filosofia di cui si serve l’artista? «Quella che abbiamo
                               impressa nell’anima, quella che dalla ragione viene
                               insegnata, quella che dalla lettura e dalle osservazioni si
                               perfeziona, quella che infine dalla vera poesia deriva, non
                               già bassa poesia che chiamasi versificazione, ma della
                               poesia sublime che consiste nell’immaginare,
                               nell’inventare, nel vestire le favole di allegria, di metafore e
                               di mistero» dice Goldoni. Questo piccolo pezzo di
                               confessione estetica di Goldoni è di una complessità
                               tremenda, perché da una parte spiega che bisogna
                               partire dal vero, ma il vero soltanto non basta, bisogna
                               innalzarlo, ma innalzarlo con forza poetica per arrivare a
                               immaginare, a inventare, a vestire le favole.
                               Le favole sono le trame, le storie di allegorie, di metafora

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