Page 30 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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GIORGIO STREHLER
«L’Arlecchino è un fatto Ma il testo era sempre messo in scena da Goldoni in
straordinario nella storia del teatro persona, che lavorava con attori e con attrici di volta in
mondiale. Questo spettacolo ci
ha accompagnato per tutta la volta diversi, a seconda del periodo della sua vita.
vita, rinnovandosi volta per volta. È questa la figura duplice e complessa di Goldoni:
Centinaia di attori lo hanno Goldoni agiva così, scriveva e si rappresentava. Goldoni
recitato. Ci sono degli spettatori è un autore ancora molto poco conosciuto in Italia. Con
che l’hanno visto nascere; poi, Luchino Visconti abbiamo cercato di farlo amare di più;
anni dopo, l’hanno visto
rinascere; dopo altri, l’hanno il problema fondamentale è, dopo tutto, quello
riconosciuto in Italia o nel mondo dell’amore. Ai tempi della nostra gioventù, quando
[…] Forse un grande libro Visconti mise in scena La locandiera (2 ottobre 1952
avrebbe potuto essere scritto su Teatro La Fenice di Venezia, ndr), io avevo già realizzato
questa storia: la storia di un solo
spettacolo, ripetuto ma non Arlecchino servitore di due padroni, e mi stavo
ricopiato quasi all’infinito». occupando della Trilogia della villeggiatura. Dire, in un
Giorgio Strehler, 1997 teatro italiano, che si sarebbe rappresentata un’opera di
Goldoni, significava ritrovarsi con il teatro vuoto. La nostra
è stata una battaglia – per voi difficile da immaginare –,
una battaglia violenta contro la tradizione della cattiva
rappresentazione del teatro di Goldoni, che aveva portato
questo straordinario autore lontano dal pubblico.
Il pubblico non l’accettava allora, come in un certo senso
oggi rifiuta Alfieri. Annunciare l’Oreste di Alfieri, ancora
oggi, equivale a spaventare il pubblico, perché su Alfieri
non è stata ancora portata a termine quell’opera di
valorizzazione che noi siamo riusciti a fare su Goldoni.
Abbiamo rappresentato come meglio potevamo un
Goldoni diverso da quello che avevamo visto nella nostra
infanzia; a poco a poco, attraverso un lungo lavoro,
siamo riusciti a farlo accettare ed amare. Noi teatranti
abbiamo puntato per primi i riflettori su Goldoni, sul suo
teatro, sul modo di farlo e sulla sua complessità, ma
anche sulla complessità dell’autore e sull’uomo.
Abbiamo, in un certo senso, lavorato contro i luoghi
comuni che lo dipingevano come un vecchietto arzillo e
un po’ allegro, che scriveva delle commedie per far ridere
la gente. Abbiamo creduto invece che Goldoni avesse
profondità inconsuete, che dovevano essere scoperte.
L’opera d’arte si fa arte nel momento in cui prende una
forma concreta, come la verità è realmente tale quando
la si conquista attraverso un duro lavoro di conoscenza.
A volte può costare l’impegno di tutta una vita e non
soltanto il lusso illusorio di qualche frase o di qualche
ipotesi o di qualche giudizio lanciati come lustrini sullo
specchio iridescente della cultura, con qualche volume,
qualche gesto, qualcosa di bizzarro e fuori dal comune,
che in apparenza colpisce e affascina. Dietro a tutto
questo, in realtà, non c’è che il vuoto, la morte. (...)
Goldoni è uno dei più grandi scrittori del XVIII secolo,
perché è un uomo di teatro; perché, allo stesso tempo,
è un uomo di teatro, ma è anche al di là della teatralità…
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