Page 16 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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PAOLO BOSISIO
                               uguale a se stesso nelle repliche.
                               II confronto con la commedia improvvisa, voluto da
                               Strehler in tutta la gamma delle sue problematiche, pone
                               gli interpreti, estranei a tecniche e usanze sceniche da
                               secoli obsolete, di fronte alla questione di recuperare una
                               recitazione sopra le righe e un gioco mimico-gestuale
                               spesso scatenato: soprattutto per la figura del
                               protagonista, l’interpretazione è giocata sui lazzi,
                               reinventati su basi in prevalenza gestuali e sulla
                               componente acrobatica, con la conseguenza inevitabile
                               di deprimere la funzione della parola, esaltata semmai per
                               il suo valore di puro suono. Problematica per l’interprete
                               del secondo zanni (e non solo per lui) si rivela anche la
                               necessità di adottare una modalità di recitazione che
                               preveda l’uso della maschera secondo modalità
                               “filologicamente” convincenti.
                               Come ricorda il regista:
                                  La conquista della maschera fu, per tutti e per Marcello
                                  [Moretti, interprete del personaggio di Arlecchino nda],
                                  un cammino progressivo che si urtò contro un numero
                                  impreciso di fatti: dalla mancanza di una tradizione
                                  viva, quindi di una abitudine mentale e fisica, alla
                                  mancanza tecnica, vera e propria, di “istrumenti”
       Il servitore di due padroni  idonei. Gli attori, nella prima edizione dell’Arlecchino,
       Goldoni scrisse Il servitore  recitarono con povere maschere di cartone e garza, a
       di due padroni nel 1745 a Pisa,
       dove rimase tre anni esercitando la  strati sovrapposti. Le costruimmo, si può dire, con le
       professione di avvocato.   nostre mani. Erano maschere “infernali”, scomode,
       Nei Mémoires racconta come  dolorose. Le parti in rilievo penetravano ben presto
       nacque la commedia, pensata su  nella carne, la visibilità era relativa e distorta… Esisteva
       misura per il famoso Truffaldino  anche il dramma personale degli attori che con le
       Antonio Sacchi: «In mezzo ai lavori  maschere non si “sentivano”. Per un fenomeno
       e alle occupazioni sopraggiunge a
       distrarmi una lettera da Venezia e  psichico l’attore con il viso coperto “sentiva” meno se
       mette in agitazione tutto il mio  stesso e i compagni. Inoltre gli pareva di essere
       sangue e il mio spirito; era una  “inespressivo”: gli era stata tolta un’arma potente: il
       lettera di Sacchi. Tale comico era di  gioco facciale. L’attore doveva ancora conquistare la
       ritorno in Italia, sapeva che ero a  “mobilità” della maschera. Marcello in questa prima
       Pisa, mi chiedeva una commedia e  edizione dell’Arlecchino finí per recitare la sua parte
       mi inviava, anzi, il soggetto, sul
       quale mi lasciava libero di lavorare  senza maschera. Aveva brutalmente risolto il problema
       secondo la mia fantasia.   dipingendosi la maschera di nero sul viso. 9
       Che tentazione per me! Sacchi era
       un attore eccellente, la commedia  Pur trovando piena giustificazione nella stilizzazione
       era stata la mia passione; sentii  intellettualistica e allusiva adottata da Strehler come
       rinascere in me il gusto antico,
       lo stesso fuoco, lo stesso  chiave estetica dello spettacolo nella sua prima edizione,
       entusiasmo; il soggetto che mi  tale opzione si rivela, in realtà, un mezzo provvisorio per
       proponeva era Il servitore di due  scavalcare le molte difficoltà create dall’adozione della
       padroni; io immaginavo quale  maschera all’interprete e soprattutto a quello del
       partito avrei potuto trarre
       dall’argomento della commedia e  personaggio di Arlecchino, obbligato dal copione a una
       dall’attore principale che doveva  mobilità e a una gestualità acrobatica esasperate. Al di là
       rappresentarla; morivo dalla voglia  delle pur determinanti questioni relative alla fisicità
       di mettermi di nuovo alla prova…».  dell’oggetto maschera che, fabbricato senza il supporto

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