Page 11 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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DALLA COMMEDIA DELL’ARTE ALLA REGIA DI STREHLER
costume di Arlecchino smarrisce ogni riferimento
naturalistico per dare luogo a un costume che, nel
Settecento, appare composto da losanghe regolari
multicolori, spesso di tessuti preziosi, cucite insieme con
ricche passamanerie e impreziosite a volte da
decorazioni, completato da un ampio collare di lino,
attestando la divisa con la quale ancora oggi la maschera
Illustrazione del Servitore di due è ovunque conosciuta.
Padroni contenuta nell’edizione Analoga trasformazione subiscono gli altri attributi che
Pasquali delle Commedie (1761-
1777). L’incisione è di Antonio contraddistinguono Arlecchino: la maschera di cuoio nera
Baratti su disegno di Pietro Antonio e deforme che ricopre la parte superiore del volto
Novelli. dell’attore è l’icona teatrale dell’orribile e spaventevole
volto nero, contraddistinto da enormi cavità orbitali, da
un’accennata protuberanza delle corna e da un ghigno
tipico dei diavoli nell’iconografia medievale, con i quali –
come si è visto – la maschera di Arlecchino confondeva
le proprie origini. Anche il cappello, prima di divenire un
feltro modesto, ma candido, era una calotta a due punte
che ancora ricordava il copricapo tipico di certe creature
infernali. Infine, il batocchio – una sorta di manganello
realizzato con una doppia lista di legno leggero unita
nell’impugnatura e adatta per produrre, se battuta, un
rumore inversamente proporzionale al dolore – altro non
era che la riproduzione parodistica della clava di Ercole,
richiamando altresì la spatola usata per rimestare nel
paiolo la polenta, tradizionale cibo dei villani orobici, tanto
amato e invocato dal famelico Arlecchino.
La parola e il gesto, nella varietà che non ci si stanca di
sottolineare, erano consone all’icona descritta dal
costume e dai suoi accessori, e con essi destinate a
modificarsi nel tempo: la parlata bergamasca, di per sé
dotata di un effetto comico all’orecchio dei cittadini, e
caratteristica in forma non filologica, ma fortemente
caratterizzata in dipendenza dell’origine dichiarata della
maschera, rimane in seguito come base sulla quale ogni
singolo attore introduce variazioni fonetiche, lessicali e
fraseologiche, spesso mutuate da altri dialetti originari del
nord est della nostra penisola: nel Settecento, ossia nella
fase di massima stilizzazione della tradizione dell’Arte
coincidente con il suo declino, la maschera si esprime,
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invece, prevalentemente in veneziano , a comprovare la
sua assimilazione alla dimensione cittadina del servo,
anche se continua a infarcire il proprio delirante e comico
eloquio con storpiature e funambolici giochi di parole.
Fondamentale per la resa scenica della parte di
Arlecchino, più che di altri ruoli dell’Improvvisa, risulta la
componente linguistica del corpo e del gesto, spesso
caratterizzata da esibizioni di acrobazia: il gioco scenico
di Arlecchino è, infatti, sempre agilissimo, rapido,
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