Page 17 - L'OPERA DA TRE SOLDI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2015/2016
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BRECHT AL PICCOLO TEATRO
di Maria Grazia Gregori
L’incontro con Brecht, più volte ricercato e rinviato,
si concretizza finalmente a metà anni Cinquanta,
in un momento fondamentale per il Piccolo di Grassi e di
Strehler, quando ci si rende conto che Bertolt Brecht può
significare la rottura di un certo meccanismo,
di un’attenzione privilegiata e forse eccessiva nei confronti
del personaggio, per fissare la propria attenzione sul
momento collettivo della storia, sulla “politicità” della vita,
senza però mai dimenticare l’emozione, la ricerca di una
poetica oggettiva, di un “bisogno del presente” che carica
di senso ogni scelta. Per questo i grandi spettacoli
brechtiani di Strehler segnano un crinale fondamentale
nella storia del Piccolo Teatro, permettendo, in quegli anni,
un bilancio che, partendo dal passato, è – per così dire –
abilitato a uno sguardo sul futuro.
L’opera da tre soldi del 1956 è un sasso nello stagno.
Quello che attrae il regista è quanto di crudelmente
significativo, pur sotto un’apparente patina di
Una scena de L’opera da tre soldi , piacevolezza, il testo possiede, soprattutto perché gli
nell’allestimento di Giorgio Strehler
del 1956; in alto, Bertolt Brecht tra permette un vero e proprio superamento di momenti
Paolo Grassi e Giorgio Strehler nel importanti nella storia del teatro italiano come l’operetta,
febbraio 1956, in occasione della
sua visita a Milano per assistere alla il cabaret, la rivista (non per nulla si scelgono attori come
prima dello spettacolo. Milly, Mario Carotenuto, in grado di dare il “la” a interpreti
(foto Archivio fotografico Piccolo
Teatro di Milano-Teatro d’Europa) che da questo punto di vista sono del tutto sprovveduti
come Tino Carraro, Marina Bonfigli). E insieme attrae la
violenta parodia, l’attacco sarcastico a una società
nefanda, attraverso personaggi trasformati dalla caricatura
in creature che sembrano giungerci da qualche infernale
incubo, nate sul palcoscenico, oscure e viventi al tempo
stesso. Tutto qui è falso: l’amore, la miseria,
il romanticismo. E la critica della storia attraverso la
declamazione si sposa alla critica della declamazione
attraverso il canto dei celeberrimi song di Kurt Weill.
Nel 1973, anno della seconda edizione, tutto è cambiato.
C’è stato il ’68, Strehler ha lasciato il Piccolo e, quando
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di Maria Grazia Gregori
L’incontro con Brecht, più volte ricercato e rinviato,
si concretizza finalmente a metà anni Cinquanta,
in un momento fondamentale per il Piccolo di Grassi e di
Strehler, quando ci si rende conto che Bertolt Brecht può
significare la rottura di un certo meccanismo,
di un’attenzione privilegiata e forse eccessiva nei confronti
del personaggio, per fissare la propria attenzione sul
momento collettivo della storia, sulla “politicità” della vita,
senza però mai dimenticare l’emozione, la ricerca di una
poetica oggettiva, di un “bisogno del presente” che carica
di senso ogni scelta. Per questo i grandi spettacoli
brechtiani di Strehler segnano un crinale fondamentale
nella storia del Piccolo Teatro, permettendo, in quegli anni,
un bilancio che, partendo dal passato, è – per così dire –
abilitato a uno sguardo sul futuro.
L’opera da tre soldi del 1956 è un sasso nello stagno.
Quello che attrae il regista è quanto di crudelmente
significativo, pur sotto un’apparente patina di
Una scena de L’opera da tre soldi , piacevolezza, il testo possiede, soprattutto perché gli
nell’allestimento di Giorgio Strehler
del 1956; in alto, Bertolt Brecht tra permette un vero e proprio superamento di momenti
Paolo Grassi e Giorgio Strehler nel importanti nella storia del teatro italiano come l’operetta,
febbraio 1956, in occasione della
sua visita a Milano per assistere alla il cabaret, la rivista (non per nulla si scelgono attori come
prima dello spettacolo. Milly, Mario Carotenuto, in grado di dare il “la” a interpreti
(foto Archivio fotografico Piccolo
Teatro di Milano-Teatro d’Europa) che da questo punto di vista sono del tutto sprovveduti
come Tino Carraro, Marina Bonfigli). E insieme attrae la
violenta parodia, l’attacco sarcastico a una società
nefanda, attraverso personaggi trasformati dalla caricatura
in creature che sembrano giungerci da qualche infernale
incubo, nate sul palcoscenico, oscure e viventi al tempo
stesso. Tutto qui è falso: l’amore, la miseria,
il romanticismo. E la critica della storia attraverso la
declamazione si sposa alla critica della declamazione
attraverso il canto dei celeberrimi song di Kurt Weill.
Nel 1973, anno della seconda edizione, tutto è cambiato.
C’è stato il ’68, Strehler ha lasciato il Piccolo e, quando
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