Page 17 - IL TEATRO COMICO - PICCOLO TEATRO MILANO
P. 17
TEATRO_COMICO_2.qxp_00 19/02/18 11:38 Pagina 17
mediatore all’interno della compagnia tra le rimostranze e i
rivendicati diritti dei diversi attori, scritturati secondo la
precisa gerarchia dei ruoli, propri della Commedia dell’Arte,
in un momento delicato, perché il verosimile delle
commedie goldoniane, non pensate per una aprioristica
distribuzione delle parti, prevede scarti anche vistosi
rispetto al vecchio sistema recitativo. E così Orazio
consiglia ai suoi attori: «Circa alle parti, prendete quello che
vi si dà; non crediate che sia la parte lunga quella che
faccia onore al comico, ma la parte buona» (III, 3).
Sulla scena compare un gruppo di attori che sceglie di non
dissimulare le difficoltà professionali che sta attraversando,
e ad apertura si dichiara mancante di due parti, tanto da
non poter mettere in prova i testi di carattere (I,2); anche gli
attori presenti, pur determinati a percorrere la strada del
nuovo (dice la prima donna Placida: «sono invaghita del
nuovo e questo solo mi piace») sono consapevoli delle
difficoltà tecniche che ciò comporta e dei rischi di non
incontrare il favore del pubblico, aggravando le precarietà
di una vita povera e disagiata. È, tuttavia, ben chiaro, in
tutti gli attori, capocomico in testa, come l’unico modo per
riscattarsi da questo mondo squalificato e guadagnare una
considerazione sociale sia la moralità, cosicché le nuove
scelte di repertorio diventano il biglietto da visita per un
nuovo statuto morale dell’attore di fronte al pubblico.
Emerge con chiarezza che la strategia della riforma è
voluta e perseguita soprattutto da Orazio, che ha deciso di
stipendiare un autore per innovare il repertorio secondo la
tecnica del premeditato, certamente mosso principalmente
da interessi imprenditoriali, ma al contempo sostenuto
dall’intelligente intuizione di un necessario ripensamento
dell’arte comica, che comporta comunque un certo
margine di rischio. C’è quindi tutto un contributo di
sostegno allo sperimentalismo della riforma che va
riconosciuto a Medebach e che emerge tra le righe delle
battute di Orazio, scritte da Goldoni quando altissima era in
lui la stima per un capocomico, che aveva saputo educare
una sua compagnia partendo dalla strada e trasformando
saltatori e pagliacci in attori di qualità.
Il principale ostacolo alla scelta operata da Orazio è
costituito dalle difficoltà interpretative delle maschere, che
vedevano completamente scardinato il loro modo di stare
in scena. Il problema aveva assunto caratteri di urgenza
soprattutto per i nuovi scritturati, e in particolare per l’attore
sostituto di D’Arbes, il vicentino Antonio Mattiuzzi, detto il
Collalto, aduso alla sola recitazione all’Improvviso, tanto
che Goldoni, come egli stesso scrive nei Mémoires, regala
all’attore nel primo atto una scena distinta: «che avevo
composto appositamente per farlo applaudire» (II; cap. VII).
Il livello di “veridicità” doveva essere notevole per il pubblico
veneziano, che davvero vedeva l’attore presentarsi per la
17