Page 11 - IL TEATRO COMICO - PICCOLO TEATRO MILANO
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                                     mosca. Orazio è nero come la mosca: è esso stesso
                                     mosca. Lo spettacolo inizia con una rielaborazione del
                                     lazzo della mosca. Lazzo reso celebre da Moretti, Soleri
                                     e Dario Fo. Qui, la mosca viene presa e lasciata, lanciata
                                     in aria, passata da una mano all’altra come se fosse la
                                     palla di un giocoliere. Il ronzio registrato la rende
                                     presente. Un personaggio. Così, quando viene
                                     mangiata, possiamo immaginare che continui a volare
                                     nello stomaco finché esplode.
                                     Qual è il rapporto fra Orazio e gli altri personaggi?
                                     Sono sempre nella tentazione, un po’ pirandelliana, di
                                     dire che gli altri personaggi non esistano. Si immaginano
                                     l’un l’altro e immaginano Orazio. Loro non esistono.
                                     Settecenteschi, antichi, museificati, ma esistono, mentre
                                     Orazio non c’è: è una loro immaginazione, oppure,
                                     all’opposto, tutto lo spettacolo è una sua
                                     immaginazione. Orazio li immagina e, per immaginarli,
                                     ha bisogno di togliere loro la maschera. All’inizio dice,
                                     “alzate la tela”, e alzare la tela, per me, equivale dire
                                     “abbassa la maschera”.
                                     Questo tuo Goldoni pirandelliano sembra avere
                                     creduto che gli attori fossero in cerca d’autore.
                                     Così ha risposto, con l’opera e la vita, ad una
                                     richiesta che, forse, era solo una visione. Gli attori
                                     non volevano un autore: volevano commedie
                                     nuove che attirassero il pubblico.
                                     È come se avesse detto, sono qua. Volete l’Autore?
                                     Eccomi. Durante l’ultima prova ho integrato una battuta
                                     di Orazio con una frase che, anche se non ci avevo
                                     pensato, corrisponde alle tue osservazioni sul
                                     “drammaturgo in scena”. Tutto questo, dice riferendosi
                                     allo spettacolo, si fa «Grazie al cielo e grazie a me».
                                     Anche questa osservazione, del resto, rientra nel
                                     pensiero di Goldoni.
                                     Ci sono almeno altri due elementi, che assieme al
                                     metamorfico Orazio/mosca/drammaturgo in
                                     scena, strutturano le variazioni su tema dello
                                     spettacolo. Potremmo chiamarli: la “Maschera
                                     sottratta” e la “Maschera aggiunta”. La prima è
                                     Arlecchino, che appare dominante al livello
                                     scenografico, mentre sparisce dal gruppo degli
                                     attori. La seconda è Pulcinella, che Goldoni non
                                     tratta, mentre qui s’intreccia al personaggio di
                                     Lelio.
                                     «Ieri sera son cascado in canale» racconta Arlecchino a
                                     Orazio nel primo atto. Dietro a quella battuta c’è lo
                                     sconcerto del personaggio per essersi ritrovato in acqua
                                     senza sapere perché.


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