Page 14 - LEHMAN TRILOGY - STEFANO MASSINI - LUCA RONCONI - PICCOLO TEATRO DI MILANO
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GERARDO GUCCINI
dall’incubo di una folla di partners che si accavallano
parlando in russo, arabo, cinese, mentre il board della
banca vede l’ascesa di due leader rispettivamente greco e
ungherese. Il giorno prima di fallire, Lehman Bros tenterà
disperatamente di bussare alle porte di colossi internazionali
come la giapponese Nomura, la coreana KDB e la Temasek
di Singapore: mi sembra chiaro che la questione è dunque
tutt’altro che solo americana…
Questa dimensione internazionale ha inciso sul
successo all’estero dell’opera? Se ne contano già
importanti versioni francesi, tedesche, spagnole.
Non penso sia dovuto al tema più o meno internazionale.
Credo abbiamo a che fare con un bisogno di approfondire i
più profondi nervi del nostro tempo, che solo in superficie
sembra iper-informato. Ormai la diffusione dei contenuti
avviene prevalentemente attraverso la rete dei social, che
per sua conformazione tende più alla frase che al discorso,
più all’aforisma che al ragionamento. Twitter lo denuncia di
partenza, con i suoi 150 caratteri. Ecco, in un contesto
simile, non mi stupisce che il teatro si riscopra agli antipodi,
come il luogo deputato al logos, con sguardo monografico
e senza limiti di 150 caratteri.
Un drammaturgo italiano sceglie di raccontare una
storia del tutto priva di riferimenti all’Italia.
Perché proprio Lehman e non il crack Parmalat
o quello del Monte dei Paschi…
Attenzione: il crack Lehman non è stato determinato da
fenomeni di corruzione o di malaffare, quanto invece da un
insieme, verrebbe da dire, di patologie sistemiche.
È impressionante pensare che a distanza di pochissimi anni
dal crollo della banca, il 92% del suo personale dirigenziale
era già stato assunto in altre banche con grado identico (il
dato è dell’ Harvard Business Review ). Questo perché non si
trattava né di incompetenti né di criminali. Su altre vicende
finanziarie, soprattutto nostrane, l’epilogo lo hanno scritto i
magistrati, per cui sono spesso entrate in scena carceri e
manette. Siamo quindi nel campo dei rotocalchi,
dell’indignazione, della gogna, ed è un ambito che davvero
non mi interessa, lo trovo meschino. Viceversa, la quarta
banca di Wall Street si sgretola in pochi giorni senza che
nessun altro dei giganti muova un dito per lanciarle un
salvagente. È evidente che questa anomalia rende il crack
Lehman qualcosa di mitologico: la banca era definita “too-
big-to-fall”, e invece è crollata come avesse i piedi d’argilla,
segnando un passaggio irreversibile come la presa di
coscienza della fallibilità del sistema. C’è qualcosa di
titanico in questo, ed è degno di un’opera.
Per l’arco temporale coperto e la ricchezza dei
riferimenti, il tema sembrerebbe adattarsi alla forma
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