Page 15 - LEHMAN TRILOGY - STEFANO MASSINI - LUCA RONCONI - PICCOLO TEATRO DI MILANO
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CONVERSAZIONE CON STEFANO MASSINI
del romanzo o anche a quella della serie televisiva.
Tu hai scelto il teatro: una scrittura polimorfa che si
scinde in voci senza mai delegare al dialogo la
conduzione dell’evento scenico.
È un passaggio cruciale. Il teatro presuppone un fruitore
coinvolto, attivo e partecipe. La passività è bandita, non
fosse altro perché fra i generi che hai citato, il teatro è senza
dubbio quello meno “comodo”: non ti raggiunge nell’intimità
domestica, impone uno spostamento, un luogo, un orario.
La scrittura non può non tenerne conto, investendo su
questa “disponibilità diversa”. Ronconi ha detto, in una
recente intervista, che io scrivo pensando “a quello che
avviene dentro la testa degli spettatori”, ed è una definizione
che mi ha colpito molto, perché rispecchia davvero il mio
obiettivo: sfidare, montare e smontare il sistema di aperture
e chiusure del pubblico intorno alla materia trattata. Pars
destruens e pars costruens , in miniatura. E continuamente.
Viene naturale porsi una domanda sulla fonti, che, nel
caso di “Lehman Trilogy”, presentano allo spettatore
un’impressionante quantità di informazioni e dati.
Lo scoglio più consistente è stato nella traduzione dal
linguaggio criptico dell’economia a uno schema più
concreto, che desse a me, privo di una formazione da
economista, il senso di muovermi fra fenomeni noti. Ho
dovuto ricorrere a esperti, risultando senza dubbio un semi-
analfabeta, per ottenere quella semplificazione radicale che
di solito chiediamo ai medici, quando ci è necessario far
nostro un giro di frase formulato in gergo specialistico. In
questo caso la mia urgenza non stava nel comprendere le
performance dell’emoglobina, quanto le cause reali della
crisi del ’29. Non riesco a trattare cose che non conosco,
per cui ho dovuto addomesticare argomenti e nozioni molto
lontane da me, per riuscire a chiamarle per nome.

Quanto di questo materiale è frutto di un lavoro di
immaginazione, di creazione fantastica dell’autore?
È del tutto fantastica la modalità in cui costruisco gli episodi,
architetto le scene, affido discorsi diretti o riferisco pensieri e
stati d’animo. Mi piace sottolinearlo perché proprio in
questo ampio margine di indipendenza creativa sta la
sostanziale impossibilità di ricondurre questi miei testi al
cosiddetto “teatro d’impegno”: i miei lavori partono da un
fatto storico per costruire qualcosa di arbitrario e fantastico.
Visto che la sceneggiatura è uno dei punti di forza
della “Lehman Trilogy”, mi piacerebbe tu ne parlassi
più dettagliatamente.
Guarda, c’è un testo esemplare per raccontare il metodo di
riorganizzazione drammaturgica della realtà, e per
paradosso non è un testo teatrale. Parlo de
L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, per il quale
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