Page 16 - LEHMAN TRILOGY - STEFANO MASSINI - LUCA RONCONI - PICCOLO TEATRO DI MILANO
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GERARDO GUCCINI
ogni elemento della messinscena onirica ha valore solo se
rapportato all’insieme, in un serrato sistema di rimandi
interni. Io seguo lo stesso principio: costruisco una struttura
piena di link, di richiami incrociati e di simbologie, per cui
niente esiste fine a se stesso, ma esercita un ruolo
ramificato nello sviluppo dei fatti scenici. Fra la cronaca e il
teatro c’è la stessa differenza che fra un’agenda e un diario:
tutti e due parlano dell’oggi, ma solo il secondo organizza i
fatti in un sistema complesso.

Fermandoci su Freud, quanto sono importanti nel tuo
testo certi “salti” onirici…
La contaminazione fra il reale e l’onirico è uno dei punti
fermi di Lehman Trilogy . Dirò di più: ho cercato più volte, in
tutta l’opera, di creare un sistema ibrido dove la realtà si
confondesse alla visione, e l’aneddoto al presagio. Mi è
sembrato fino da subito un passaggio vitale, proprio per
sfuggire alla trappola di un teatro-documento, in cui pagando
l’obolo a Marx, si dividessero sulla lavagna sfruttati e sfruttatori.
Si ha la sensazione che il tuo giudizio sull’ascesa dei
cosiddetti “squali di Wall Street” non sia così spietato
come quello di tanto cinema, anche recente…
Io racconto la degenerazione che ha preso forma quando
lo stesso proletariato ha votato l’anima al dio denaro. Erano
migliaia i piccoli risparmiatori che in America si fecero
finanziatori delle banche nelle prime campagne di
sottoscrizione di obbligazioni: l’obiettivo era solo investire –
anche poco – per guadagnare qualcosa “senza lavorare”.
Mi capita spesso di citare il paragone del Pinocchio di
Collodi che accetta di seppellire i soldi nel Campo dei
Miracoli. Sotto questo punto di vista è fuori dubbio che i
crolli economici degli ultimi cento anni sono stati in gran
parte motivati da quel mito della “facilità veloce” che ha
contraddistinto il Novecento. Ma se i risparmiatori hanno il
miraggio impazzito dell’arricchimento facile e veloce, non
possono poi addossare la colpa solo alle banche, ogni volta
che il sistema – ciclicamente – salta. Nella trilogia ho scritto
di un sogno dei primi fratelli Lehman, ossessionati da quel
gioco infantile di costruire colonne di monetine, una
sull’altra. Ebbene, è scientifico che prima o poi la colonna di
monetine crolli.

È un’immagine che può essere addotta a simbolo
dell’intera trilogia, e del suo sguardo sul capitalismo
in divenire, che sotto i nostri occhi vediamo evolvere
da un rapporto concreto con la merce a una vera
alienazione dalla realtà.
Questa evoluzione la definirei una delle architravi del testo.
Una progressiva perdita di concretezza, un perdere di vista
il peso fisico delle cose, e con esso probabilmente il nesso
causa-effetto che determina gli eventi anche in economia:
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