Page 12 - IN CERCA D'AUTORE - STUDIO SUI SEI PERSONAGGI DI LUIGI PIRANDELLO - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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ROBERTO ALONGE
                               alla volontà della moglie. L’immagine più memorabile
                               dell’esperimento è quando il giovane Gabriele Falsetta,
                               il marito – tutto sghembo, insicuro – comincia a muoversi
                               disegnando un semicerchio, rasente ai muri, per arrivare
                               davanti alla moglie (la stessa Lucrezia Guidone dei
                               Sei personaggi), la quale sin dall’inizio della scena è seduta
                               per terra, la schiena appoggiata alla parete, a gambe
                               aperte, anzi spalancate, in una positura da travaglio,
                               in attesa del parto. Claudio Longhi (che è stato a lungo
                               assistente di Ronconi) sostiene che l’interesse del Maestro
                               per la trilogia del teatro nel teatro è essenzialmente
                               attenzione al linguaggio, visto però come espressione di
                               afasia più che come linguaggio filosofico-raziocinante.
                               È una osservazione tanto irrituale quanto penetrante, ma
                               non la limiterei alla sola trilogia. Il lavoro di Bargagna, alla
                               scuola del Maestro, mostra che pure le parole dei
                               protagonisti dell’Innesto arrivano a fatica a rompere la
                               barriera del silenzio. Perché, in verità, ciò che sempre
                               ossessiona tutti i personaggi pirandelliani è una condizione
                               esistenziale, una sorta di rovello metafisico. Afasia come
                               difficoltà a dire l’ineffabile, ciò che, etimologicamente, non si
                               può dire. Ma anche le pause lunghe e lunghissime della
                               recitazione tipica del Maestro, le esitazioni, le articolazioni
                               strane della dizione, gli aggettivi così temporalmente distanti
                               dai sostantivi, insomma tutto l’armamentario del ronconismo
                               – tanto decantato e tanto incompreso – discende a ben
                               vedere dal fatto che Ronconi similmente non ci parla mai
                               della Storia, bensì sempre e solo del mistero della Vita e
                               della Morte, che è un groviglio troppo denso e complesso
                               per non affondare propriamente nell’abisso della notte, delle
                               tenebre e del silenzio. Esattamente come per Pirandello, le
                               parole degli attori ronconiani, per fuoriuscire, devono
                               preliminarmente infrangere il grande silenzio che tutto
                               avvolge, precede e segue. Semplicemente, il Maestro ci ha
                               messo del tempo a comprendere che Pirandello era il suo
                               autore, e che dunque il suo proprio stile registico si accorda
                               benissimo con il nucleo profondo della scrittura
                               pirandelliana. Certo, Ronconi ha modificato il titolo
                               dell’opera: non più, in locandina, Sei personaggi in cerca
                               d’autore, bensì, piuttosto: In cerca d’autore. Studio sui “Sei
                               personaggi” di Luigi Pirandello. Un modo per riconfermare
                               che non lo appassionava il discorso metateatrale, che il
                               Capocomico forse non è affatto un Capocomico, cioè un
                               uomo di teatro, ma, semmai, una pura funzione vicariale di
                               un Autore con la A maiuscola. In questa sua ultima stagione
                               – sul margine della malattia e del dolore che fatalmente
                               accompagnano la vecchiaia – Ronconi si è interrogato, una
                               volta di più, e in maniera estrema, sul senso della vita,
                               sull’impasto di ipocrisie pulsioni oscenità violenze che
                               stringono da presso il destino dell’uomo.

                               (*Docente di Storia del Teatro)
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