Page 11 - IN CERCA D'AUTORE - STUDIO SUI SEI PERSONAGGI DI LUIGI PIRANDELLO - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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RONCONI/PIRANDELLO, UN RAPPORTO DIFFICILE
concentrici, per nascondere il fantasma incestuoso.
Una figlia che non è una figlia, ma è una figliastra
(meccanismo di attenuazione della colpa chiarissimo,
messo in luce a suo tempo da Leonardo Sciascia).
Un rapporto sessuale incestuoso che non si consuma,
bloccato all’ultimo dal grido della Madre. Una storia che è
rifiutata dal suo Autore, e che il Capocomico (figura vicariale
dell’Autore) non riesce a portare a conclusione. E infine
l’ultimo anello, il meccanismo del metateatro come ulteriore
artificio, teso a occultare un plot troppo scandaloso.
Ronconi comincia scardinando la corteccia esterna, rinuncia
– come ho detto all’inizio – proprio alla dimensione
metateatrale, e finisce colpendo al cuore la grande scena
tabù. Senza nessun compiacimento estetico, senza
nessuna concessione alla cifra della gradevolezza. La
Guidone arrochisce la voce (che si fa quasi maschile); si
muove spesso inarcando le spalle, camminando in modo
sgraziato. Si imbruttisce volutamente, rifuggendo da ogni
posa sexy; sembra una ragazzona cresciuta male, con
risate talvolta da ebete (qualche critico ha parlato di
personaggi sul crinale della follia). Il senso è sempre quello:
il desiderio cieco della carne, sordo, istintivo, animalesco,
che non necessita di abbellimenti, di fronzoli. In questa cupa
attrazione fatale – fra il vecchio e la giovane – la donna non
ha bisogno di nulla – né di bellezza né di grazia – per
calamitare a sé l’uomo. È la carne fresca che attira la carne
vecchia; ed è il gusto malsano dell’incesto, il dispotismo
maschile sulla vittima femminile che eccitano, e poco
importa che si tratti di una bambinona goffa o financo
di una handicappata.
In quanto a L’innesto, siamo di fronte a un testo
praticamente sconosciuto, quasi mai rappresentato, forse
per la sua vicenda inquietante (la moglie di un uomo sterile
resta incinta a seguito di uno stupro, ma si rifiuta di abortire,
e costringe il marito ad accettare il nascituro come fosse
figlio anche di lui), affidato propriamente da Ronconi alle
cure di Luca Bargagna, già suo assistente nello spettacolo
dei Sei personaggi. La consonanza stilistica con
Sei personaggi è palese: anche qui gli attori assumono una
posizione spesso flessa, strisciante, o addirittura carponi.
Ma il movimento non è imposto dall’esterno, qui pure è
ricavato – per così dire – dall’interno, nasce da una lettura
penetrante del testo, che evidenzia come i verbi privilegiati
dal personaggio maschile siano piegarsi, cadere, cedere,
chiudere gli occhi, accettare, vincersi. C’è una sorta
di subalternità, di sottomissione del marito alla moglie,
al di là dell’apparenza delle sue dichiarazioni altisonanti.
Il plot ci presenta uno scontro archetipico, un
combattimento crudele spietato mortale, tra il femminile
e il maschile, in cui il desiderio di maternità della donna
prevale e piega il piccolo egoismo maschile, incarnato da un
marito che finisce per sottomettersi, per piegarsi, appunto,
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