Page 22 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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MARIA GRAZIA GREGORI
                               giurare che si emozioneranno nell’incontrare la tua
                               maschera.
                               Ricordi? Quando per caso, ancora allievo
                               dell’Accademia d’Arte Drammatica di Roma
                               “incontrasti” questo personaggio nella Figlia ubbidiente
                               di Goldoni – un toscano che recitava in veneto! dicevi –
                               mai avresti pensato a una storia di teatro così lunga
                               come quella che hai vissuto con il Batocio “incollato”
                               addosso. Ma a quel saggio ti vide Marcello Moretti,
                               allora il famoso Arlecchino di Strehler, e quando fu
                               necessario trovare un sostituto per la tournée americana
                               che lo richiedeva per contratto, sei stato tu, che già
                               avevi cominciato a lavorare al Piccolo, il prescelto. Poi
                               Moretti se n’è andato e l’eredità, un’eredità difficile,
                               pesò tutta sulla tue spalle. Moretti nello spettacolo di
                               Strehler del 1947 e da allora fin quando visse, era stato
                               un Arlecchino terragno, con i piedi ben piantati per
                               terra, pensoso, un po’ “lento” scrisse qualcuno. Poi
                               toccò a te, prima come sostituto, dunque in qualche
                               modo condannato alla ripetizione di qualcosa che non
                               era tuo, comunque assunto al ruolo di capo di questa
                               famiglia di commedianti.
                               Certo Arlecchino ne ha fatta di strada da quando è
                               diventato e restato saldamente con te. Al di là
                               dell’eredità, al di là del lavoro massacrante che Strehler
                               ti impose, contò molto il suo pungolo, la sua
                               incontentabilità, i suoi suggerimenti, ma contò
                               moltissimo la tua straordinaria disciplina, la tua fisicità, la
                               tua capacità acrobatica formidabile in grado di
                               esprimere tutto un mondo in un salto. Ricordo a questo
                               proposito una bellissima fotografia di Luigi Ciminaghi
                               dove tu, folletto dal costume a pezze multicolori, sembri
                               volare fuori dai margini della foto, verso l’aria aperta, la
                               vita, senza peso, senza fatica. E chissà invece quanta
                               ne hai fatta e quanti sacrifici ti sono toccati in sorte per
                               raggiungere quel risultato, tanto più grandi quanto più
                               facile sembrava. All’Arlecchino di Moretti un po’ cupo,
                               talvolta cattivo, figlio del sottosuolo, che ne faceva un
                               personaggio più che una maschera, tu hai idealmente
                               contrapposto un Batocio pieno di foga, entusiasta della
                               vita, anche se la pancia spesso era vuota, figlio di quella
                               furbizia che la tua maschera da gatto suggeriva e che tu
                               riuscivi a rendere viva allontanandone il diaframma. Un
                               Arlecchino oltre che giovane, acrobatico, furbo,
                               prorompente, sotto la tua maschera dal naso un po’
                               schiacciato, con una voce tutta tua, tutta di testa,
                               immediatamente riconoscibile, che sembrava naturale,
                               ma che invece non lo era affatto, anzi l’avevi trovata con
                               un duro lavoro con Strehler e ore e ore di esercizio. Ma

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