Page 24 - ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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MARIA GRAZIA GREGORI
                               E così hai fatto anche tu. Così è stato anche
                               nell’Arlecchino cosiddetto del Buongiorno, dove fra gli
                               allievi del corso Copeau che si dividevano i personaggi,
                               eri tu la guida, ancora giovane fra i giovani, anche se
                               avevi fatto i capelli bianchi e tenevi alta da par tuo la
                               bandiera delle generazioni passate.
                               Dal sole e dall’odore di mare di una piazza italiana la
                               luce, nel corso del tempo, si è andata stemperando
                               nelle atmosfere ovattate, nel sottile rimpianto di una
                               generazione che lascia il suo posto nella celebre
                               edizione “dell’Addio”.
                               Ma l’addio non c’è stato anche se Strehler non c’è più
                               da molti anni. Sei tu che ne hai preso il testimone, con
                               un Arlecchino che mescola suggestioni di spettacoli
                               passati: certe prospettive, gli attori e i servi di scena al
                               lato della pedana che è ritornata in palcoscenico, i veli
                               piegati in alto per la pioggia o per il sole, le scene
                               dipinte cambiate velocemente a vista, quasi di corsa a
                               dare il luogo e il tempo dell’azione, le poetiche luci della
                               ribalta sempre lì ed ecco gli attori, pronti all’apertura di
                               sipario con il braccio alzato quando arriva qualcuno, sei
                               ancora tu, Ferruccio, con l’eterno costume a pezze
                               multicolori del quale non puoi e non vuoi liberarti.
                               Tutto come prima, ma non uguale a prima…
                               In paesi di sicura civiltà teatrale saresti stato studiato
                               insieme a ogni tuo gesto, movimento, qui pro quo,
                               soprattutto saresti stato onorato.
                               Saggiamente mi viene da dire che Arlecchino non è o
                               non è solo uno spettacolo che celebra se stesso
                               insieme alla storia di un teatro che dura da settant’anni.
                               È piuttosto il filo rosso che, attraverso gli anni, le voci, il
                               corpo degli attori, testimonia al pubblico il senso di una
                               ricerca e di un linguaggio teatrale. Un compagno di
                               strada per molte generazioni di spettatori e dunque
                               anche per me, da ricordare con ammirazione e allegria.
                               Di questo ti siamo grati, Ferruccio.


















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