Page 29 - L'OPERA DA TRE SOLDI - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2015/2016
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TRADURRE L’ OPERA DA TRE SOLDI
di Roberto Menin
A sessant’anni dalla prima, compiuta versione dell’ Opera
da tre soldi al Piccolo Teatro vale la pena di interrogarsi sul
cammino fatto nell’elaborazione del testo. L’aspetto più
evidente è come questa commedia sia stata, fin dall’inizio,
un work in progress . La primissima versione fu proprio
una traduzione, a opera di Elisabeth Hauptmann, che,
inviata da Brecht a Londra, stese rapidamente una
versione tedesca della pièce cui aveva assistito, L’opera
dei mendicanti di John Gay. Brecht la trasformerà nella
pièce attuale, con interventi sul testo e una nuova musica,
composta da Weill, ma con un lavoro svolto anche
insieme ad altri amici, come Lion Feuchtwanger,
operando sostanziali cambiamenti nella trama e
riscrivendo – anche con diretti spunti creativi alla chitarra –
l’apparato di canzoni.
In Italia, si manifestò subito interesse per il più grande
successo berlinese degli anni Venti, anche in ambienti
insospettabili. L’impresario-regista Anton Giulio Bragaglia
si recò personalmente da Mussolini chiedendo
l’autorizzazione a rappresentare un’opera di grande
successo a Berlino, scritta da un autore comunista.
Mussolini lo autorizzò, chiedendo però sardonicamente di
cambiare il titolo e di non menzionare l’autore. Così, una
versione adattata da Alberto Spaini e dallo scrittore
Corrado Alvaro andò in scena anche a Milano, ai
Filodrammatici, l’8 marzo del 1930. Si intitolava La veglia
dei lestofanti.
Un’altra versione, che prudentemente però assunse il
titolo dell’originale inglese di John Gay, fu rappresenta a
Roma, nel 1943, come saggio di fine corso
dell’Accademia di Arte Drammatica, con la regia del
giovane Vito Pandolfi.
Negli anni Settanta, infine, si è misurato con questa
materia drammaturgica anche Rainer Werner Fassbinder,
che fece un suo adattamento del testo di John Gay con
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di Roberto Menin
A sessant’anni dalla prima, compiuta versione dell’ Opera
da tre soldi al Piccolo Teatro vale la pena di interrogarsi sul
cammino fatto nell’elaborazione del testo. L’aspetto più
evidente è come questa commedia sia stata, fin dall’inizio,
un work in progress . La primissima versione fu proprio
una traduzione, a opera di Elisabeth Hauptmann, che,
inviata da Brecht a Londra, stese rapidamente una
versione tedesca della pièce cui aveva assistito, L’opera
dei mendicanti di John Gay. Brecht la trasformerà nella
pièce attuale, con interventi sul testo e una nuova musica,
composta da Weill, ma con un lavoro svolto anche
insieme ad altri amici, come Lion Feuchtwanger,
operando sostanziali cambiamenti nella trama e
riscrivendo – anche con diretti spunti creativi alla chitarra –
l’apparato di canzoni.
In Italia, si manifestò subito interesse per il più grande
successo berlinese degli anni Venti, anche in ambienti
insospettabili. L’impresario-regista Anton Giulio Bragaglia
si recò personalmente da Mussolini chiedendo
l’autorizzazione a rappresentare un’opera di grande
successo a Berlino, scritta da un autore comunista.
Mussolini lo autorizzò, chiedendo però sardonicamente di
cambiare il titolo e di non menzionare l’autore. Così, una
versione adattata da Alberto Spaini e dallo scrittore
Corrado Alvaro andò in scena anche a Milano, ai
Filodrammatici, l’8 marzo del 1930. Si intitolava La veglia
dei lestofanti.
Un’altra versione, che prudentemente però assunse il
titolo dell’originale inglese di John Gay, fu rappresenta a
Roma, nel 1943, come saggio di fine corso
dell’Accademia di Arte Drammatica, con la regia del
giovane Vito Pandolfi.
Negli anni Settanta, infine, si è misurato con questa
materia drammaturgica anche Rainer Werner Fassbinder,
che fece un suo adattamento del testo di John Gay con
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