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NEL TEMPO DEGLI DEI 2.qxp_00  11/03/19  10:11  Pagina 8



            CONVERSAZIONE CON MARCO PAOLINI
                                     Viene da chiedersi se faremmo anche noi così o se
                                     invece non accoglieremmo l’immortalità a braccia
                                     aperte…
                                     Per questo Ulisse è e rimane tanto affascinante.
                                     L’immortalità è la scorciatoia, è “avere le cose gratis”:
                                     Ulisse preferisce affrontare la vita.

                                     Così facendo infligge pari sofferenza a chi lo
                                     circonda, a Penelope e a Telemaco per primi, ma
                                     anche a Calipso, a Nausicaa, ai compagni, a tutti
                                     quanti insomma.
                                     È la radice stessa dell’umano. In fondo tutti noi siamo
                                     terribilmente sedotti dalle innumerevoli possibilità che la
                                     vita ci mette a disposizione e di rado ne valutiamo le
                                     conseguenze su chi ci sta intorno o sull’ambiente in cui
                                     viviamo. Eppure io stesso non avrei dubbi se dovessi
                                     scegliere tra un universo sicuro ma asettico e un mondo,
                                     forse meno tutelato, ma affidato agli equilibri delle
                                     relazioni umane. Vivere è sopravvivere a tutto questo, al
                                     male che hai ricevuto – ma che non ti ha impedito e non ti
                                     impedisce di amare chi ti ha messo al mondo o chi ti sta
                                     accanto – e al male che farai a chi verrà dopo di te.
                                     Quel che resta, di quest’amalgama di sentimenti
                                     contrastanti, è l’eredità del tuo esistere. In qualche modo,
                                     Ulisse è l’eredità del nostro essere collettivo.

                                     Tra i tanti episodi dell’Odissea che citate, compare
                                     anche quello delle vacche sacre a Helios (il sole): i
                                     compagni di Ulisse vengono castigati dal dio
                                     perché si cibano delle bestie proibite che, come
                                     tramanda la leggenda, ruminavano pacifiche sui
                                     pascoli di Sicilia. Nello spettacolo, la barca di Ulisse
                                     approda a Pozzallo, a suggerire un corto circuito
                                     con il nostro più drammatico presente.
                                     Odissea è un testo fondante della nostra tradizione
                                     europea, è complessa, ha infiniti rivoli narrativi: sarebbe
                                     stupido, da parte nostra, ricorrere a banali semplificazioni
                                     e simmetrie, andando in cerca di facili analogie. Odissea
                                     regge mille letture diverse, nessuno ha il copyright del
                                     testo. Ulisse fa naufragio, è in balìa delle onde, approda in
                                     territori ignoti, si confronta e si scontra con popoli di cui
                                     ignora le tradizioni e non parla la lingua. È un dato di fatto.

                                     La musica è coprotagonista dello spettacolo.
                                     Perché le hai riservato un ruolo così importante?
                                     La musica ti pungola, è matematica, è ritmo, costringe il
                                     linguaggio delle parole a misurarsi con strutture stringenti.
                                     Il testo scritto con Francesco Niccolini non è né in versi
                                     né in metrica, ma vuole restituire un andamento musicale
                                     alla parola, un’oralità ritmica contemporanea. Per come
                                     l’abbiamo ideato con Lorenzo Monguzzi, con cui lavoro
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