Page 9 - FINE PENA ORA - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2017 2018
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NEL CARCERE DELLA CONDIZIONE UMANA
Esiste una componente di senso di colpa nelle
azioni del giudice?
I migliori testi per il teatro sono ambigui. Salvatore
azzarda questa ipotesi, ma subito dopo l’abbandona.
Non ci sarebbero stati ventisei anni di corrispondenza,
se avesse continuato a pensarlo.
È un elemento del loro rapporto, ma non il principale.
Da dove nasce la cifra estetica dello spettacolo?
È il mio primo spettacolo con Marco Rossi di cui
conoscevo il lavoro con Luca Ronconi. Sono partito da
quell’idea di fotogramma, set, storyboard di cui parlavo
inizialmente. Volevo un contenitore che mi aiutasse ad
ambientare le due situazioni e a contaminarle, che fosse
chiaro come il tema del carcere appartenga a entrambi i
personaggi, tutti e due schiacciati da quella griglia che,
nel corso dello spettacolo, si abbassa su di loro.
Avendo sempre presente la stessa idea di “cinema
vivente”, con Gianluca Sbicca abbiamo elaborato la
scelta dei costumi e con Claudio De Pace costruito le
luci.
Hai anche scelto di avere un compositore e una
colonna sonora originale, perché?
Lo spettacolo richiedeva che si raccontassero il
crescendo e le varianti del rapporto tra i due personaggi
anche attraverso una struttura musicale. Gioacchino
Balistreri, che tra le altre cose è stato allievo di Luis
Bacalov, ha fatto un bellissimo lavoro, creando temi,
leit-motiv, che si sviluppano al servizio del racconto
scenico. Da figlio di teatranti, conosce le regole del
palcoscenico e ha inventato una partitura sonora
complementare a quella recitata dai due attori.
D’altronde, trovandomi a dirigere per la prima volta uno
spettacolo prodotto dal Piccolo Teatro, mi è sembrato
giusto lavorare con artisti che sono ciascuno
un’eccellenza nel proprio settore, scene, musica,
costumi e luci.
Su cosa ti piacerebbe che il pubblico riflettesse e
discutesse, al termine dello spettacolo, andando a
casa?
Mi piacerebbe suscitare due reazioni. In primo luogo,
naturalmente, vorrei che uscisse alimentando in sé un
interrogativo in più su cosa voglia dire decretare la
morte civile di una persona. In fondo l’ergastolo sta un
passo indietro, ma forse non troppo, alla cosa peggiore
che io possa immaginare: la pena di morte. Se è orribile
che una comunità, uno Stato, stabilisca di togliere la
vita a un altro essere umano, è altrettanto vero che il
fine pena: mai è la stessa condanna sotto mentite
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