Page 9 - IFIGENIA LIBERATA - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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IFIGENIA E IL CONTAGIO DELLA VIOLENZA
condivido la sua posizione: i Greci non volevano
ammettere di essere, rispetto a popoli più pacifici, una
popolazione aggressiva e distruttiva. Non fa differenza
che Edipo sia o meno consapevole di aver ucciso il
padre e di essere divenuto lo sposo della madre? In
realtà sembra che facesse molta differenza.
Filosofi forse meno ascoltati ma saggi come Eraclito, che
citiamo sovente nello spettacolo, sono indispettiti, furiosi
nei confronti delle tradizione letteraria greca. L’accusano
di nascondere la verità, di essere pura propaganda.
Eraclito rinnega Omero perché, a suo dire, occulta la
verità, normalizza la violenza, la rende accettabile, non la
stigmatizza come una tara che i Greci portano su di loro.
Perché hai scelto di rappresentare il tuo spettacolo
come la storia di una compagnia teatrale – con
tanto di regista, drammaturga, musicista, attori e
tecnici – che sta mettendo in scena uno spettacolo
ispirato a “Ifigenia in Aulide”?
Per restare fedeli al metodo con cui abbiamo lavorato.
Ifigenia in Aulide non è stata la nostra prima scelta:
eravamo partiti dai Persiani, poi, attraversando l’Orestea,
siamo approdati a Ifigenia. Ho ambientato lo spettacolo
in una sala prove per mostrare quali erano state le
ipotesi percorse, alcune delle quali abbandonate o solo
abbozzate, ma che volevo comunque condividere con il
pubblico.
In questa sala prove sorge un elemento insolito ed
estraneo, una grande libreria come la si potrebbe
trovare a casa di un professore di Oxford. Cosa
significa?
Ho viaggiato molto nel corso dell’anno e mezzo che ha
preceduto la realizzazione dello spettacolo. A Cnosso ho
incontrato alcuni studiosi, a Tunisi altri ancora. Una
libreria simile a quella esiste davvero: mi ci sono
imbattuto nel corso di un incontro con uno dei docenti
greci con cui ho lavorato. L’ho fotografata per poi
scoprire che alcuni dei simboli che portava su di sé (e
che si vedono nell’allestimento) erano rintracciabili,
incredibilmente, nelle fotografie dello studio di Sigmund
Freud....
Nello spettacolo una frase è ricorrente: “torniamo
sempre lì, alle viscere”. Perché questo leit-motiv?
Tutto si costruisce attorno alle viscere, esse
rappresentano l’uomo, ma anche la terra inserita nel
cosmo che è il corpo. Le viscere rimandano ai primi riti
sacrificali, quando donne incinte venivano sventrate.
Esiste un’interpretazione del labirinto di Arianna, a
Cnosso, dove è rinchiuso il Minotauro, come
rappresentazione iconografica delle viscere, del groviglio
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