Page 15 - IFIGENIA LIBERATA - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2016/2017
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nostri visceri che ci portano al centro del labirinto.
                               Quell’antico punto focale che da luogo del rito sarebbe
                               diventato teatro. Ci addentriamo per capire da dove è
                               partito e cosa nasconde, il teatro. Con il tremore di non
                               avere più bisogno, poi, del teatro. Con la sensazione che
                               vada preso sul serio oggi, il teatro. Parlare dell’uomo oggi
                               è lo stesso che tremila anni fa, probabilmente. In tutto il
                               mondo.
                               Riti speculari, molto simili, davano senso e tempo agli
                               uomini. Credere che le civiltà umane nascano da violenza
                               “controllata” in gesti rituali è una scoperta terribile.
                               Ma, se così è, tanto vale starci davanti.
                               Allora, di fronte alla vicenda di Ifigenia, sacrificata perché
                               la guerra possa cominciare, dobbiamo chiederci se sia
                               stata davvero una scelta “irragionevole”. Dobbiamo
                               chiederci se oggi esista una reale alternativa a quella
                               scelta. Cosa faremmo noi. Il “discorso”, la “parola”, la
                               “ragione”, il “senso” che oggi ci guida si è liberato da quel
                               sacrificio? A che punto è arrivato il cammino del nostro
                               umano, troppo umano LOGOS?



                               NOTE SULLA REALIZZAZIONE
                               SCENOGRAFICA
                               di Margherita Palli

                               Una scena per Ifigenia liberata, un luogo che non racconta
                               la Grecia, una sala prove... attori e pubblico mescolati,
                               tecnici in vista, strumenti di lavoro visibili... un non luogo,
                               uno spazio precario. Reinventare uno spazio, giocando fra
                               elementi dell’antica Grecia accennati, nascosti in una
                               libreria, un labirinto nascosto raccontato in pianta, elementi
                               di arredo comuni in una sala prove di un teatro.
                               Raccontare un sogno, raccontare la violenza, in un luogo
                               quasi asettico che deve evocare il luogo della tragedia,
                               una doppia lettura, ecco questa la sfida che mi ha chiesto
                               Carmelo Rifici. Un luogo che vuole restare silenzioso...
                               di legno come la Sala Teatro del LAC o come tante sale
                               prove... una stanza rossa, che da lontano è un colore
                               e da vicino è sangue.













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