Page 24 - Celestina - Piccolo Teatro Milano
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LA VERITÀ SEGRETA DI CELESTINA di Umberto Galimberti

non essere altro che un funzionario della specie. Poi nella vecchiaia le

due pulsioni si attenuano, e il loro attenuarsi viene scambiato per
saggezza raggiunta. I vecchi non sono necessariamente saggi,

semplicemente si è attenuata in loro la follia della passione scambiata
per amore. In questo equivoco cade anche Parmeno che, nella casa
di Calisto dice: «Se amare è una follia, io sono folle e senza cervello».

No, gli risponde Celestina: «È il giudizio che ti manca a causarti il
turbamento, e l’essenza del giudizio è la saggezza, e la saggezza non
viene senza l’esperienza, e non c’è esperienza se non da vecchi, e io

la vecchiaia ti consiglio, perché voglio farti onore e augurarti una bella
vita». Amore, dunque, non è follia. Follia, come dice Schopenhauer
che Nietzsche definisce suo “educatore” e Freud suo “precursore”, è

non riconoscere nell’amore l’inganno con cui la specie induce gli
individui a concorrere alla sua conservazione. «Per fiorire una deve

avere in sorte la bellezza – dice Areusa a proposito di Celestina – ma
poi quando il tempo la corrode, serve la lucidità di essere viziosa». È il
vizio a rendere lucidi, e Celestina, che da giovane prostituta ha

conosciuto il vizio, ha la lucidità di chi sa che l’amore è un inganno,
dove i giovani giocano un gioco che li gioca e che solo i vecchi, a

passioni estinte, sanno riconoscere, svelando la tragicità della
condizione umana.



4. La commedia dell’esistenza.
Ma allora qual è il senso dell’esistenza? Nel trapassare dalla passione
giovanile alla saggezza senile, perché si è scoperto il grande inganno?

«Tutto passa – è la formula rassegnata di Celestina – nulla rimane nello
stesso stato. La legge del destino è il cambiamento. So che sono
salita per scendere, che sono fiorita per appassire, ho gioito per

rattristarmi, sono nata per vivere, sono cresciuta per invecchiare e
invecchiata per morire. Lo sopporto senza crucciarmi troppo». Da

questa visione rassegnata e tragica dell’esistenza ci salva Nietzsche e
ne indica il momento: «Sarà quando la massima: “la specie è tutto,
uno è sempre nessuno” si sarà incarnata nell’umanità, e a ognuno

sarà in ogni tempo aperto l’accesso a quest’ultima liberazione e
irresponsabilità. Forse il riso si sarà allora alleato alla saggezza, forse

allora ci sarà senz’altro una “gaia scienza”. Per il momento le cose
stanno ben diversamente, per il momento la commedia dell’esistenza
non è ancora “divenuta cosciente” di se stessa. Per il momento

continua ad esserci il tempo della tragedia, il tempo delle morali e delle
religioni». Le morali e religioni, infatti, celebrano l’individuo e il suo
primato rispetto alla specie, quando invece è quest’ultima a tenere

saldamente nelle sue mani i dadi del gioco della vita di tutti. Questo
Celestina lo sa e perciò dispensa a pagamento i suoi consigli che gli
amanti fraintendono, divorati come sono dalla passione che chiamano

“amore”. Ancora non sanno che quando dicono “Io ti amo” questo Io
è solo lo pseudonimo di un’altra soggettività che non conoscono e

non vogliono conoscere. Per questo delirano e si abbandonano alla
loro tragica follia.
*filosofo


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