Page 16 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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SETTE DOMANDE A STEFANO MASSINI
       Nella pagina accanto, da sinistra a  rapace di intimità altrui, immolate al proprio obiettivo
       destra, dall’alto in basso:  scientifico. Alcuni casi lo metteranno infatti in crisi, come
       1) Statuetta femminile, marmo e
       legno;                  quello del paziente Ludwig R. o della signora Elga K. Più
       2) Scultura in legno rappresentante  volte ho usato la metafora del mitico Prometeo: Freud
       due giovani serve che trasportano dei
       contenitori sulle teste, Egitto;  vive in scena luci e ombre del suo essere pioniere.
       3) Statuetta in legno raffigurante uno
       scriba, Egitto;
       4) Testa femminile in terracotta.  Lehman Trilogy era un intrecciarsi di linguaggi e
       © Freud Museum London.  stili diversi, nonché di registri (dal narrativo al
                               lirico, dal saggio alla commedia), creando un
                               modus scrivendi che ti è stato riconosciuto come
                               nuovo e personale. In questo caso come si è
                               tradotto sul materiale freudiano?
                               Nuovamente ho fatto ricorso a una contaminazione fra
                               generi, alternandoli in modo da creare nell’opera un
                               sistema di più opere affiancate e interdipendenti.
                               Qui ci sono il diario clinico di Sigmund Freud, scritto con
                               lo stile tipico degli appunti scientifici, ma dopo un attimo
                               si passa alla sceneggiatura cinematografica con dialoghi
                               a due in un interno viennese di fine Ottocento. E ancora:
                               i sogni di Freud sono messi in scena come in un teatro
                               surreale in cui egli stesso entra sulla scena onirica e
                               interroga le sue creazioni (penso all’Alice di Lewis
                               Carroll). Altri sogni sono raccontati come in monologhi
                               brechtiani. Ci sono addirittura personaggi che recitano
                               i propri sogni sotto forma di lettera.
                               Insomma: oltre a essere un catalogo di sogni, è anche
                               un catalogo di generi e di possibilità narrative. Perché
                               un’opera è sempre multipla.

                               Vari mesi prima del debutto, è stato pubblicato
                               da Mondadori il libro L’interpretatore dei sogni:
                               quali sono le differenze con il testo dello
                               spettacolo?
                               Il libro è scritto in forma di romanzo, nel senso che si
                               sviluppa con un’idea del tempo meno calcolata sulle
                               necessità di un’opera teatrale. Mi sono potuto dilungare
                               sulle descrizioni dei personaggi, su certi dettagli nelle
                               situazioni e negli ambienti. È come se avessi messo per
                               scritto ciò che in scena semplicemente si vedrà.
                               Naturalmente poi il libro ospita numerosi altri casi, ci
                               sono personaggi assenti nello spettacolo. Ho voluto
                               ricreare in quelle pagine il falso storico di un quaderno
                               di appunti di Freud, quel quaderno di cui egli stesso ci
                               racconta a più riprese l’esistenza, ma che nessuno ha
                               mai potuto leggere. Se è vero che ogni libro necessita
                               di una sua ragion d’essere, la sua è questa: inventare
                               ciò che non potremo mai sapere in merito a colui che ha
                               dato un senso ai sogni.





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