Page 20 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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MARA FAZIO
presentimento della fine. All’immobilità dell’impero
austroungarico corrisponde una società che si percepisce
avviata alla disintegrazione.
Ma la frustrazione politica provoca per contrasto una
straordinaria e particolare effervescenza culturale nella
letteratura, nella musica, nell’arte, nel teatro, nella scienza.
Nel sostenere e incrementare la cultura sovranazionale
viennese gioca un ruolo determinante la borghesia
ebraica, in parte affluita nella capitale dalle diverse
province, vicine o lontane, dell’impero: è il caso di Freud,
nato in Moravia e portato a Vienna dal padre quando era
bambino. I luoghi di incontro e di scambi in cui circolano
le nuove idee, si integra la conoscenza e gli intellettuali
viennesi (artisti, scrittori, medici, scienziati, giornalisti)
interagiscono, sono le università, alcuni salotti, ma
soprattutto i caffè. I caffè a Vienna – ha scritto Stefan
Zweig – «rappresentano un’istituzione sui generis, senza
paragoni al mondo. Sono una sorta di club, democratici e
Martha Bernays, moglie di Sigmund
Freud, in un’immagine del 1884 circa. accessibili a tutti al modico prezzo di una tazzina di caffè,
© Freud Museum London.
in cui ogni cliente, in cambio di questo piccolo obolo, può
restare per ore a discutere, scrivere, giocare a carte,
evadere la propria corrispondenza e soprattutto leggere
un numero infinito di quotidiani e di riviste. Nei migliori
caffè della città non si trovavano soltanto tutti i giornali
viennesi, ma anche quelli dell’impero tedesco, quelli
francesi, inglesi, italiani e americani, oltre a tutte le più
importanti riviste d’arte e letteratura del mondo intero. (...)
Avevamo così notizie di prima mano in merito a tutto ciò
che avveniva nel mondo; eravamo informati di ogni libro
recente, della data e del luogo di ogni rappresentazione,
di cui poi confrontavamo le critiche nei diversi giornali.
Nulla forse ha contribuito alla vivacità intellettuale e
all’orientamento internazionale degli austriaci quanto la
possibilità e la facilità di informarsi al caffè sugli eventi del
mondo, discutendoli al contempo fra amici».
A cavallo tra i due secoli, tra il 1890 e il 1900, si affaccia
una nuova variegata generazione di giovani artisti,
musicisti e letterati, quasi tutti ebrei: Mahler, che diventa
direttore dell’Opera a 38 anni, Schnitzler, Hofmannsthal,
Klimt, Altenberg, Kraus, Adolf Loos, Theodor Herzl,
fondatore del sionismo. Lo scrittore e critico Hermann
Bahr, animatore della scuola poetica dello Jung Wien
(La giovane Vienna) aveva il suo quartier generale nel
mitico caffè Griensteidl, dove a soli 17 anni debutta con i
suoi versi il giovane Hofmannsthal. Teorico del
superamento del Naturalismo e inventore del neologismo
moderno, Bahr diventa il sostenitore della Nervenkunst.
Non più squallidi sobborghi proletari (come nei romanzi di
Zola e nei primi drammi di Hauptmann), ma
Seelenzuständen, paesaggi dell’anima. La realtà esterna
perde importanza, tutte le energie mentali sono rivolte
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