Page 22 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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MARA FAZIO
                               Nello stesso anno in cui Freud pubblica L’interpretazione
                               dei sogni, un altro ebreo viennese, Schnitzler, che aveva
                               studiato alla Scuola di medicina di Vienna ed era stato
                               medico prima che scrittore, nel racconto Il Sottotenente
                               Gustl introduce per la prima volta nella letteratura
                               austriaca il monologo interiore, che avrebbe ripreso più
                               tardi nella Signorina Else, «morbosa e incalzante
                               registrazione di flussi di pensiero e associazioni di idee»
                               (Magris) di una ragazza nevrotica e probabilmente isterica.
                               Molti anni dopo, nel suo racconto Traumnovelle (Doppio
                               sogno), una specie di viaggio negli abissi della coscienza,
                               incentrato sulla crisi coniugale di una giovane coppia e
                               sulla dicotomia fedeltà-tradimento, affiora anche in
                               Schnitzler l’idea del sogno come regione interiore in cui è
                               possibile la realizzazione di desideri repressi che possono
                               provocare turbamenti anche nell’anima più candida.
                               Tuttavia, come suggerisce Giuseppe Forese, grande
                               specialista di Schnitzler, non si può parlare di una
                               dipendenza di Schnitzler da Freud, quanto piuttosto di
                               sintonia intellettuale e condivisione di uno stesso clima
                               culturale, tipico di Vienna all’inizio del Novecento, che
                               stimolava la curiosità scientifica nei confronti della mente e
                               delle emozioni. «Non è nuova la psicoanalisi, ma Freud.
                               Così come non era nuova l’America, ma Colombo»
                               dichiarò Schnitzler nel 1924. Due anni prima, nel 1922,
                               Freud scrisse una lettera a Schnitzler in occasione del
                               sessantesimo compleanno dello scrittore. «Le confesserò
                               una cosa che La prego di voler cortesemente tenere per
                               sé. (...) Mi son chiesto tormentosamente come mai in tutti
                               questi anni io non ho mai cercato la Sua compagnia. (...)
                               Penso di averLa evitata per una specie di timore, di
                               incontrare il mio sosia. (...) Il Suo determinismo e il Suo
                               scetticismo (...), la Sua profonda comprensione delle
                               verità dell’inconscio e della natura biologica dell’uomo (...)
                               e la Sua vastità di pensiero nell’abbracciare l’antitesi di
                               amore e morte, suscitano in me il senso fantastico di
                               qualcosa di familiare. Perciò è sorta in me l’impressione
                               che Lei conosca intuitivamente (in realtà in seguito a una
                               fine auto osservazione) tutto quello che io ho scoperto
                               negli altri grazie a un faticoso lavoro. Credo che Lei sia
                               soprattutto un esploratore del profondo».
                               Come il clima artistico e letterario viennese influenza
                               Freud, – anche se lui frequentava raramente i caffè, ancor
                               meno i teatri, e non si interessava all’arte contemporanea
                               – Freud influenza autori ed artisti. Hofmannsthal dichiarò
                               di aver consultato i saggi di Freud durante la stesura del
                               libretto per l’opera di Richard Strauss in cui Elektra viene
                               rappresentata come una donna isterica (1906). Schiele,
                               allievo di Klimt, nei suoi autoritratti del 1910-11
                               autoanalizza la propria personalità, la propria ansia e i
                               propri impulsi istintuali con la stessa forza di penetrazione

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