Page 26 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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MAURIZIO PORRO
Nella pagina accanto, da sinistra a parte il jolly Fellini giocato subito, che i due mezzi, la
destra, dall’alto in basso:
1) Ritratto del Fayyum di uomo riccio psicanalisi dichiarata, singola del lettino e quella occulta
con barba, periodo romano e condivisa delle poltrone, si sono frequentati e hanno
250 d.C.-300 d.C.; convissuto con armonia, sviluppando un odio-amore,
2) Ritratto del Fayyum di uomo di
mezza età con capelli grigi, periodo scoprendo che con le nevrosi di origine sessuale –
romano, 250 d.C.-300 d.C. quante paure di Virginia Woolf, quanti Edipi, quante
I ritratti del Fayyum prendono il nome
dall’oasi, a circa 130 km a sud ovest sedute da Actors Studio – si poteva iniziare a diffondere
del Cairo, dove sono stati ritrovati quel lato pruriginoso, ma fino ad allora occulto, dei
alcuni preziosissimi papiri e una serie
di circa 600 ritratti funebri che sovvertimenti di sensi, per restare a Vienna, un titolo di
ricoprivano i volti di mummie di epoca Zweig. Arrivarono i nostri a dire che siamo malati dentro,
romana. con in testa Tennessee Williams, Elia Kazan, le signore
3) Vaso canopo a forma di testa di
falco raffigurante Qebehsenuef, che melò Crawford e Davis, Stanwyck e Turner, a rendere
indossa una parrucca “a campana” popolari infelicità con desideri nascosti e grovigli di
striata e un collare.
I vasi canopi erano i contenitori in cui, vipere di ogni genere, sesso e natura. Se il sogno disvela
durante il processo della i meccanismi nascosti della nostra personalità,
mummificazione, venivano riposte le
interiora del defunto. Questa divinità in il cinema, che si vede al buio e richiede l’alt
particolare era la protetttrice degli dell’incredulità, è stato subito il mezzo più consono a
intestini. esprimere l’attività onirica, essendone per virtù propria la
© Freud Museum London.
copia con filtro. Senza pensare solo alla famosa scena di
Io ti salverò di Hitchcock (maestro di analisi lungo una
meravigliosa psycho carriera, anche personalmente),
scena ideata da Salvador Dalì, anche Porter, uno dei
pionieri del cinema americano (1870-1941) che ebbero
il privilegio di provare i doppi sogni per la prima volta,
realizzò in tempi non sospetti due brevi film
sull’immaginazione notturna. Sono Uncle Josh’s
nightmare (L’incubo di zio Josh, 1900) e Dream of the
Rarebit Fiend (Sogno del diavoletto, 1906), con sfoggio
di effetti speciali che forse derivano solo da una cena
pesante. L’attività onirica del cinema, per l’autore e per
chi accoglie il cinemascopico messaggio, è il tentativo
di andare al di là delle leggi narrative di spazio tempo,
utilizzando il plus valore immaginifico, credibilmente
incredibile e viceversa, della cosiddetta settima arte,
appellativo conquistato a fatica e con snobismi di grandi
scrittori, da Mann a Proust. Del resto lo stesso Freud
considerava spazzatura il cinema, almeno fino a un certo
punto: rifiutò sdegnosamente l’offerta di 100.000 dollari
(oggi un milione?) per scrivere per il grande produttore
Samuel Goldwyn (uno dei ruggiti della MGM) che lo
considerava «il più grande specialista del mondo in fatto
d’amore» e pensava di affidargli la storia di Antonio e
Cleopatra. Così come rifiuterà anche altri contratti e pure
un’offerta tedesca dell’UFA che pensava con Pabst a
una versione dell’Interpretazione dei sogni
(I misteri di un’anima del ’26, dramma della gelosia e di
un trauma classico, ovviamente molto criticato poi da
Freud). Dalla vecchia celluloide al digitale, passando per
vari formati di inconscio anche dettati dal progresso
regresso della tecnica, dal muto al sonoro, dalla
cinepresa fissa ai carrelli, dal dolly alla steadycam, dal
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