Page 14 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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SETTE DOMANDE A STEFANO MASSINI
       Da sinistra a destra,
       Marie Bonaparte, Sigmund Freud,
       Martha Freud, Ernst Freud, Josefine
       Stross e il cane di Freud nel 1938
       a casa di Marie Bonaparte a Parigi.
       Discendente diretta di Napoleone I,
       la principessa Bonaparte fu scrittrice
       e psicanalista. Fu paziente di
       Sigmund Freud, ne tradusse l’opera
       in francese e lo aiutò ad allontanarsi
       da Vienna nel 1938, per sfuggire alla
       minaccia nazista.
       Nella pagina accanto, Sigmund
       Freud nel 1937 a Grinzing, nei pressi
       di Vienna.
       © Freud Museum London.



                               quotidiani dei propri desideri. La necessità di stare al
                               passo della vita concreta (soldi, carriera, schemi familiari,
                               imperativi sociali, ecc.) obbliga al sotterfugio una parte
                               autentica di noi la cui voce si esprime appunto nei sogni.

                               Che tipo di lavoro hai fatto sugli originali freudiani
                               per trasformarli in un testo teatrale?
                               Ho dato umanità a ciò che era prevalentemente teorico.
                               Intanto è importante sottolineare come Freud nel libro
                               dedichi pochissimo spazio alla descrizione dei suoi
                               sognatori. Si può dire anzi che essi vengano a malapena
                               citati. Né tantomeno ci viene raccontato il dialogo
                               maieutico che condusse a decrittare il rebus di ogni
                               sogno. Io mi sono inserito – come spesso avviene
                               – in questa lacuna dell’originale (se vogliamo in una
                               intercapedine del testo), ricostruendo arbitrariamente il
                               percorso di scavo induttivo-deduttivo con cui Freud
                               giunse a formulare i capisaldi della propria teoria. Ogni
                               paziente (ogni caso, dunque ogni sogno) costituisce a
                               suo modo nello spettacolo un gradino progressivo nel
                               tentativo di mettere a punto una tecnica di analisi del
                               sogno. Ho spesso unito quelli che nell’originale erano
                               sogni diversi, creando una decina di casi simbolo,
                               ognuno necessario per sviluppare una parte del
                               discorso, aggiungendo poi – nei passaggi chiave –
                               l’autoanalisi di alcuni famosi sogni di Freud stesso.
                               Ripeto: il procedimento è scientifico, si tratta di acquisire
                               sempre più elementi necessari per impossessarsi di un
                               linguaggio oscuro. È come la decrittazione dei geroglifici
                               attraverso la Stele di Rosetta.
                               Questo si risolve in un sistema drammaturgicamente
                               complesso, in questo senso simile a quello di
                               Lehman Trilogy.
                               Direi che la complessità è una componente necessaria
                               in ogni mio lavoro. In sintesi, sono convinto che essa sia

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