Page 10 - PICCOLO TEATRO MILANO - FREUD
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CONVERSAZIONE CON FEDERICO TIEZZI
connotazione a tratti fortemente cinematografica.
Ho voluto impiegare tutti gli elementi che concorrono a
creare un’opera d’arte totale, forse anche per quello che
dicevamo delle grandi personalità del periodo, che si
espressero ai massimi livelli in ogni disciplina artistica: fa
parte di quel “livello latente” di cui dicevo all’inizio. Il
nostro racconto teatrale ha molti punti in comune con
una sceneggiatura per il cinema: si sviluppa attraverso
diversi setting, uno concatenato all’altro, tutti quanti
Tommaso di Cristoforo Fini, noto inseriti in un progetto visivo più ampio e articolato.
come Masolino da Panicale, Immagini corali si alternano a momenti nei quali l’occhio
Guarigione dello zoppo e
resurrezione di Tabita, affresco, dello spettatore, come in un piano sequenza, è portato
1424-1425, Firenze, Chiesa di Santa ad avvicinarsi alle coppie formate da Freud e dal paziente
Maria del Carmine.
© 2018. Foto Scala, Firenze/Fondo con il quale egli sta in quel momento dialogando. A volte
Edifici di Culto – Ministero dell’Interno. penso che sia il mio primo film...
Perché Freud fa così parte, a tuo avviso,
dell’immaginario occidentale?
Uno degli elementi della sua popolarità forse è proprio il
cinema. È grazie ad alcuni film che, indubbiamente,
Sigmund Freud è entrato a far parte di un immaginario
collettivo e condiviso. D’altra parte, se vogliamo dare una
lettura più profonda, ciascuno di noi, nella propria
esistenza, si trova prima o poi a fare i conti con se stesso
ed è lì che fa capolino il Dottor Freud.
Il Freud dello spettacolo è tutt’altro che empatico o
consolatorio.
Non deve esserlo. Nei setting, nei quadri attraverso i quali
procede il racconto, mi interessava sottolineare i conflitti,
mettere in evidenza lo scontro tra Freud e i suoi pazienti-
personaggi. Non volevo che i loro racconti e le sedute di
analisi si riducessero ai progressivi tasselli di una scoperta
scientifica: senza dubbio lo sono, ma sono soprattutto
incontri di boxe, ring sui quali si svolge un ininterrotto
incontro di pugilato, dal momento che il nostro Freud è
un uomo in crisi, in cerca di se stesso, che non ha né sa
dare risposte. Concludo raccontando una mia esperienza
personale, alla quale ho pensato spesso montando lo
spettacolo. Quest’estate mi sono recato più volte nello
studio di Freud a Vienna, in quella che oggi è la casa
museo al numero 19 della Berggasse. Ebbene, un giorno
mi sono trovato incredibilmente solo, circostanza degna
di nota, dal momento che di norma la fila di turisti è
considerevole. Così, ho provato a immaginarmi nell’abito
mentale di un paziente dell’epoca, quando, dopo aver
suonato il campanello, gli veniva aperto il portone, ed egli
– o ella – attraversava il cortile con il grande albero, saliva
le scale e si trovava di fronte alla porta con la targa
“Dottor Sigmund Freud”. Ho capito che chi compiva quel
percorso dove prenderla tutt’altro che sportivamente.
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