Page 7 - LEHMAN TRILOGY - STEFANO MASSINI - LUCA RONCONI - PICCOLO TEATRO DI MILANO
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METTERE IN SCENA
“LEHMAN TRILOGY”
Conversazione con Luca Ronconi











Quest’anno ha scelto per il Piccolo Teatro il testo
di un drammaturgo italiano contemporaneo,
Stefano Massini. Perché la sua attenzione è andata
a “Lehman Trilogy”?
A leggere con attenzione il programma di questa stagione
al Piccolo Teatro sono parecchi i testi che si riferiscono a
fatti storici accaduti nel nostro passato recente, a episodi
che hanno suscitato un’eco nell’opinione pubblica italiana
o mondiale che sia. Va detto che Lehman Trilogy non
parla espressamente del crack della Lehman Brothers,
per lo meno non solo di questo.

Siamo più dalle parti della saga familiare?
Sì, è in parte una saga familiare, ma è anche molto altro.
Il fallimento della banca Lehman Brothers è stato uno di
quei fatti della contemporaneità sui quali ci possiamo
interrogare – come ha fatto Massini – per provare a
rintracciarne le cause. Quel che è vero e ovvio è che non
esistono cause unilaterali. Piuttosto possiamo parlare di
concause, di un concorso di eventi le cui origini affondano
in un passato remoto, e questo è materia interessante per
una drammaturgia teatrale.
Nella costruzione dello spettacolo, che funzione
esercita il fatto che tutto proceda verso un finale già
noto fino dall’inizio?
Direi che è una risorsa, non un rischio. Il pubblico qui non
va sorpreso: tutti gli spettatori sanno che la banca andrà a
morire, e se non lo sanno lo leggeranno sul programma di
sala. Quindi troverei perfettamente inutile che fingessimo
di non saperlo e di meravigliarci dell’epilogo: sarebbe un
gioco sporco, fintissimo. Mi intriga molto di più, allora,
l’idea di dichiarare il crack in modo netto fino da subito,
come se tutto il racconto fosse figlio di un funerale. In fin
dei conti, noi questa storia la raccontiamo perché la
banca è morta, e se fosse ancora in piena salute non
avremmo mai scelto di portarla in scena.
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