Page 15 - FINE PENA ORA - PICCOLO TEATRO MILANO - STAGIONE 2017 2018
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                                     movimento di opinione che era confinato nel mondo
                                     degli studiosi e degli operatori penitenziari: la richiesta
                                     che sia posta fine all’istituto dell’ergastolo, o quanto
                                     meno dell’ergastolo c.d. ostativo, quello al quale non
                                     può essere applicato alcuno dei benefici penitenziari
                                     intesi a mitigare la pena perpetua.
                                     L’ergastolo, quale originariamente inteso, aveva già
                                     ricevuto varie attenuazioni con la riforma del 1975 e con
                                     la legge Gozzini del 1986; ma, in seguito agli assassinii
                                     di Falcone e Borsellino, nel 1992 apparve necessario un
                                     pesante giro di vite: agli autori di gravi crimini di natura
                                     mafiosa non poteva più essere concesso alcun
                                     beneficio penitenziario, a meno che il detenuto
                                     diventasse un collaboratore di giustizia, ritenuto questo
                                     l’unico sintomo reale di pentimento e di dissociazione
                                     dal suo ambiente malavitoso.
                                     Il risultato non corrispose alle attese. Pochissimi
                                     ergastolani accettarono di collaborare. Su più di 1.600
                                     individui che attualmente scontano la pena
                                     dell’ergastolo, oltre 1.200 sono “ostativi”, e la
                                     percentuale è destinata ad aumentare. Nel carcere gli
                                     alberi tornano a crescere a rovescio, come ha intuito
                                     ancora Alda Merini.
                                     La Corte costituzionale, cui questo tipo di pena
                                     perpetua fu denunciato in quanto “contrario al senso di
                                     umanità” preteso dall’art. 27 della Costituzione, respinse
                                     la censura replicando che una “via d’uscita” dalla
                                     perpetuità della sanzione esiste pur sempre, ed è
                                     rimessa alla volontà del condannato di dissociarsi dal
                                     suo ambiente.
                                     In realtà così non è, e la vicenda narrata lo dimostra.
                                     Come l’uomo non è mai tutto racchiuso nel gesto che
                                     compie, essendo l’individuo assai più ampio del suo
                                     delitto, così la rieducazione non può essere confinata in
                                     un solo sintomo, essendo un percorso dalle molte
                                     opportunità: tante quante le notti insonni che il
                                     condannato passa interrogandosi sul senso della sua vita.



















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