Page 9 - MISERICORDIA | PICCOLO TEATRO MILANO
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FARE TEATRO PER AMMORBIDIRE I CUORI

                               Misericordia getta luce anche su un altro tema di
                               attualità: la violenza sulle donne.
                               Argomento tanto attuale quanto irrisolto. Più frequente e
                               terribile negli ambienti degradati dove non esiste difesa
                               né modo per salvaguardare la vita delle persone in
                               pericolo, perché c’è maggiore omertà. Ci sono tanti casi
                               di vite disgraziate, di persone che non sanno dove
                               trovare la forza per andare avanti. Credo che la paura di
                               poter essere uccise sia forse ancora peggiore della
                               morte stessa: svegliarsi la mattina e avere il terrore di
                               incontrare per strada la persona che ci sta
                               perseguitando è un incubo che uccide la vita stessa.

                               Fortunatamente si parla anche di maternità.
                               Che cos’è la maternità per Emma Dante?
                               È quella cosa che senti, a prescindere dal fatto di avere
                               partorito o no un essere umano, di averlo tenuto in
                               grembo. Non conta che un bambino abbia o no i tuoi
                               tratti… Che importano le somiglianze? La maternità non
                               ha a che fare con il sangue, ma con il contatto fisico,
                               con la condivisione, con l’amore, con uno strano modo
                               di crescere insieme. La mamma è colei che ti fa sentire
                               al sicuro. Ecco, per me la maternità ha a che fare con la
                               parola riparo.

                               In Misericordia, come in tutti i tuoi spettacoli,
                               esiste un grande lavoro sulla lingua e sui linguaggi.
                               Qui ne vedo almeno tre, il siciliano, il pugliese e la
                               danza.
                               Le tre attrici, Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco,
                               Leonarda Saffi e il danzatore Simone Zambelli
                               interpretano personaggi che provengono da posti
                               differenti ma si ritrovano a vivere insieme, nello stesso
                               luogo. Perciò parlano lingue diverse, ma esprimono lo
                               stesso sentire. Ciascuno di loro ha una propria “lingua
                               madre”, che è la componente su cui lavoro nel corso
                               delle prove. Nel caso di Simone, ad esempio, questa
                               lingua madre è la danza, perché è la disciplina in cui si è
                               formato. Il suo talento sta nel farci “dimenticare” di
                               essere danzatore: il controllo e la consapevolezza che
                               ha del proprio corpo sono finalizzati a raccontare un
                               sentimento. Peraltro l’incontro con lui avvenne nello
                               stesso giorno della visita in ospedale, dove avevo visto
                               quel ragazzino girare freneticamente. La sera assistetti a
                               uno spettacolo di danza di cui Simone era protagonista
                               e notai quel suo modo di muoversi che non era semplice
                               coreografia, ma qualcosa che si generava dentro di lui.
                               Fu una coincidenza incredibile. Tornando ai linguaggi,
                               Italia e Manuela si esprimono in siciliano, Leonarda in
                               pugliese. Il loro è un dialetto quotidiano, simile a quello
                               delle Sorelle Macaluso, per me più che comprensibile.

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