Page 16 - CUORE DI CANE
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SÈWE DOMANDE A STEFANO MASSINI

sua lievita. Egli riesce a raggiungere vette di spietata
denuncia proprio perché usa un tono ingenuo, talmente
esile da sembrarti candidamente disinteressato. Basta
prendere l'ossatura della trama: questa e in fondo la
vicenda di un cagnolino trasformato per errore in uomo,
con lo spiacevole incidente che a toccargli in sorte e
I'ipofisi di un mezzo criminale, da cui l'indole disgraziata
del nuovo essere. Tutto qui. Sembra una storiella da libro
illustrato, un po' come avviene nella Fattoria degli animali
di Orwell. Ed e proprio questa cornice a farti accettare,
mimetizzata, la durezza sostanziale di un atto d'accusa
violentissimo, contro tutto e tutti, contro le nostre idiozie
e i nostri finti equilibri, contro le pochezze e le miserie
che neppure ci saltano piu agli occhi, tanto fanno parte
della giostra sociale. Senza poi tralasciare che l'essere
umano si concepisce da secoli come il padrone del
pianeta terra, in posizione di primato (auto—conferito) su
tutti gli altri animali. Bulgakov sembra chiedersi (e
chiederci): quando la finiremo di chiudere gli occhi sui
baratri immondi di questa umanita sovrana, sempre
celebrata e giustificata in nome della sua eccellenza
razionale’? Siamo davvero cosi degni di una corsia
preferenziale? Non e che magari un cane (oppure un
cavallo, avrebbe detto Tolstoj...) mantiene piu dignita nel
suo status animale senza dover essere per forza
promosso al blasone degli uomini? ll tema e altissimo.
Talmente alto che l'unica via per disaminarlo e ricorrere a
una semplicita disarmante, elementare. Portare in scena
Bulgakov implica rispettarne l'apparente candore.
Parlando del neonato cittadino Poligraf
Poligrafovic Pallinov, il Dottor Bormentàl,
assistente del Professore, dice «Prendemmo una
bestia e ne facemmo una belva. ci assista il caso
che non ne nasca un branco». Dai totalitarismi del
primo Novecento — con il loro carico di
propaganda, populismo, slogan trasformati in
strafalcioni tanto ben stigmatizzati da Bulgakov —
all'era dei sociale delle fake news, il passo e (così)
breve?

Frai due fenomeni mi pare ci sia la determinante
differenza di un diverso concetto di popolo. Negli anni
'20 le masse erano quelle che affollavano le piazze, e
accorrevano in massa negli stadi tedeschi di Hitler o al
Foro Italico per il Duce. Basta pensare all'iconografia dei
bassorilievi fascisti, dove ricorre onnipresente il motivo
della folla. Si tratta sempre, comunque, di moltitudini
reali, fisiche. Oggi tutto e diventato viceversa virtuale: le
masse sono numeri di like o di visualizzazioni, i comizi
sono stati sostituiti dalle dirette Facebook, il Presidente
degli Stati Uniti detta via Twitter la politica estera della

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