Page 3 - UOMINI E NO - STAGIONE 2017-2018 - PICCOLO TEATRO MILANO
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                                     La prima cosa che colpisce di Uomini e no di Elio Vittorini
                                     è che il suo autore iniziò a scriverlo nel 1944, per pubblicarlo
                                     nel 1945, cioè in una totale, assoluta contemporaneità con gli
                                     eventi di cui parla. Non era quindi mosso da alcuna ideologica
                                     superficialità, né prigioniero di un’interpretazione ex post:
                                     lo stava vivendo in diretta, era contemporaneo agli accadimenti,
                                     sentiva l’impellente necessità di vivere e raccontare un tempo
                                     glorioso secondo alcuni, tragicamente sanguinoso secondo
                                     altri, certamente entrambe le cose per lui e per noi.
                                     Questa contemporaneità apre nuove proposte di lettura e
                                     impronta anche la versione teatrale di Michele Santeramo
                                     portata in scena da Carmelo Rifici. La versione teatrale, in una
                                     sorta di continuità con questa “necessità e libertà” di Vittorini,
                                     è affidata a diciassette giovani attori professionisti formatisi alla
                                     nostra Scuola, della stessa età dei ragazzi la cui vita, le cui
                                     speranze sono il senso profondo di Uomini e no.
                                     Cosa li separa dai loro “coetanei”? Moltissimo nelle relazioni,
                                     nelle aspirazioni e anche nel modo in cui le loro vite si
                                     intrecciano nella città, nei suoi spazi, di allora e di adesso.
                                     Forse alcuni di loro non avevano neppure letto Vittorini:
                                     dunque non un’identificazione tra attore e personaggio,
                                     semmai uno iato che illumina, nello stupore, nella scoperta,
                                     il senso del testo, delle parole, dei luoghi.
                                     Almeno altri due sono i protagonisti di Uomini e no: Milano,
                                     non come semplice nome, ma come somma di siti concreti,
                                     precisi, e insieme come spazio di relazioni umane, di scontri,
                                     di minacce, di ricerca della felicità di un incontro, come accade
                                     a Enne 2 e a Berta.
                                     Luoghi dove s’incontrano l’oscura presenza del nazifascismo
                                     e il desiderio di una umanissima quotidianità, in un contesto
                                     che tutto pare suggerire tranne la sensata possibilità di essere
                                     felici. In questo reticolato di vie, piazze, monumenti che Vittorini
                                     cita con straordinaria precisione – facendoci comprendere
                                     anche come la Resistenza si combattesse in pieno centro, nella
                                     cerchia dei Navigli perché qui si annidavano i portatori di morte
                                     – i protagonisti si muovono, si incontrano sui tram, si spostano
                                     con le biciclette, mentre la città, invasa dagli altri, è spaccata,
                                     ferita da simboli minacciosi, macchine nere che compaiono
                                     come spettri, panzer su cui si consumano atrocità.
                                     Tram e bici, mezzi quotidiani, diventano simboli di normalità,
                                     congiungono, appunto, punti della città. Spezzato in due, il
                                     tram diventa coprotagonista della scenografia in cui tutto
                                     avviene… Per questo abbiamo voluto, con altri partner
                                     milanesi, Atm, le Università e il Centro Sperimentale di
                                     Cinematografia, fra i tanti appuntamenti intorno allo spettacolo,
                                     pensare anche a un viaggio reale, a un tram reale, in alcuni
                                     luoghi del romanzo di Vittorini che acquistano tutta un’altra
                                     dimensione grazie alle parole che i nostri attori reciteranno in
                                     questa traversata della città.
                                     Cosa sono per noi, per i giovani interpreti, quei luoghi? Cos’è la
                                     “fermata di un tram”? Com’è cambiata la relazione di vita tra
                                     individui e città? Non solo una ricostruzione urbanistica, dopo la
                                     guerra, ma un diverso significato di ambienti che ci sembrano
                                     noti, di cui non conosciamo la storia, fatta di quotidianità.
                                     Sergio Escobar
                                     Direttore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

                                                                                  3
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