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della popolazione proteggesse i clandestini. Non così
avvenne dopo il 25 aprile quando toccò ai fascisti di
entrare nella clandestinità.
Fu il tempo delle vendette, raccontò Elio, che aveva
conosciuti molti personaggi nei comitati di liberazione
che, nel periodo che precedette il disarmo dei partigiani
da parte degli alleati, uscivano ogni notte, armati in
ronda, a piccoli gruppi, a vendicarsi di torti subiti in
periodo fascista. Quindi ci raccontò un episodio del
periodo di via Pacini. Il 20 ottobre del 1939, pochi mesi
dopo il nostro trasloco da Firenze a Milano, il nuovo
papa, Pio XII, pubblicò la sua prima enciclica che
cominciava con le parole Summi Pontificatus.
In essa il papa lamentò segni di neo-paganesimo
(nazismo), la statolatria (fascismo), nemica della carità e
dell’individualismo e chiamando il momento storico «l’ora
delle tenebre», protestò anche per la guerra in Polonia,
«diletta nazione».
Anche se espressa in termini pacati, velati e diplomatici,
ai fascisti non piacque per niente questa presa di
posizione, che potremmo definire d’individualismo
aristocratico da parte del Vaticano e ci furono reazioni
anche violente. Incuriosito appunto dalla reazione
fascista, Elio se ne uscì, tutto innocente, per procurarsi
una copia dell’«Osservatore romano» su cui era
pubblicata l’enciclica.
Percorse tutta la via Pacini (anche più tardi, comprare i
giornali era il suo esercizio quotidiano) e finì davanti
all’edicola di piazzale Piola, senza sapere o forse senza
ricordare che l’edicolante era un ben noto vecchio
fascista, ex combattente della prima guerra mondiale e
fanatico squadrista claudicante per una ferita da trincea.
Qui fece la sua richiesta dell’«Osservatore romano».
A quei tempi non si diceva neppure «antifascista» (e chi
avrebbe apertamente osato di esserlo?), e neppure
«sovversivo», ma si gridava «antinazionale». Questo fu il
grido dell’edicolante.
E richiamò subito una piccola folla impiegatizia di fascisti
naturali – non c’erano operai in quel quartiere – insorsero
i piccoli ingegneri di via Pacini, i ragionieri, persino un
paio di avanguardisti in divisa, venuti dal vicino
Politecnico di piazza Leonardo da Vinci forse proprio
con lo scopo di vigilare sui potenziali lettori antinazionali
dell’«Osservatore romano».
Così Elio fu spintonato, malmenato e ricevette qualche
calcio e qualche pugno. Nel 1945 non si vendicò, ma la
sera che ci raccontò quest’episodio nella casa di viale
Gorizia, io sentii in me confermarsi la mia diffidenza per
via Pacini. Infatti non imparai ad amare Milano finché non
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